Sorelle senza confini – What we fight for
14 Novembre 2024
Ho 35 anni e sono di Takar, una zona povera e dimenticata del Nord Est. Anni fa mio padre mi ha fatto sposare con un uomo di 60 anni che aveva moglie e sei figli.
Ero spaventata ma poi mio marito, un contadino, ha mostrato di essere un brav’uomo. Mi vuole bene. Mi protegge dalla sua famiglia che mi odia.
Per me sono nemici, tanti e forti. Mi dicono sempre: “Quando nostro padre morirà, ti butteremo fuori di casa, finalmente!” In questi anni mi sono ammalata. Ho un tumore alla gola che mi fa soffrire. Mio marito prende un po’ dei suoi guadagni per curarmi, così loro mi odiano sempre di più. Ho un figlio e una figlia ma i soldi per la scuola non ci sono. Mio marito non sta bene adesso e ho paura. Che sarà di me e dei miei figli quando lui morirà?
Ho bisogno di avere un po’ di soldi miei per curarmi e mandare i bambini a scuola e magari metterne un po’ da parte per quando lui non ci sarà più e io sarò sola contro tutti.
Quando il marito si ammala gravemente Fatima si rivolge ad Hawca, è molto spaventata per il suo futuro e quello dei suoi figli.
L’aiuto di Augusto, Nicoletta e Viviane, le dà un po’ di autonomia. Si sente più forte nella sua battaglia. Diventa fondamentale quando il marito muore e la famiglia si scatena.
La cacciano di casa ma si terranno i figli se non sposa un uomo della famiglia odiata. Fatima non ci sta. Lascia la casa del marito e va a vivere in un posto sicuro con i figli. Trova un lavoro come domestica. Il guadagno, insieme al denaro degli sponsor, le permette di vivere e di mandare a scuola i figli.
Ma è poco, non riesce a farsi aumentare il compenso e sta cercando qualcosa di più redditizio. La famiglia non smette di tormentarla, di riproporle il matrimonio con i parenti. La scelta di Fatima, per loro, è una vergogna. Per Fatima la salvezza, la rinascita. Non ci pensa proprio a tornare indietro.
È felice della sua nuova vita, della fine del suo incubo. Non avrebbe mai potuto farcela senza i suoi amici italiani, dice. Senza di loro non avrebbe avuto altra scelta che cedere al ricatto e consegnare la sua vita alla brutalità di quella famiglia, com’è destino per le vedove afghane.
“Sfortunatamente, dice Shafiqa, non siamo riusciti a contattare Fatima. Abbiamo mobilitato tutte le nostre amicizie e conoscenze in Takhar, dove Fatima vive, e abbiamo sperato di trovare sue notizie recenti. Purtroppo non c’è niente di preciso e strade che possiamo seguire per contattarla. Queste persone hanno risposto di aver sentito dire che la famiglia è andata in Iran e che i loro parenti non sono in contatto con loro. Per ora, quindi, non c’è niente di nuovo. Speriamo tutti che stiano bene e che riescano a vivere meglio in Iran.”
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.
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