LILIANA MANETTI : "La donna che venne da lontano" (la storia di Shabnam) - Ed. Rossini 2020 - pagg. 82
Dalla prefazione di Elisabetta Valeri :
Liliana Manetti, in Shabnam, traccia l’evoluzione della protagonista in un immergersi e riemergere dall’abisso emotivo che, fino all’ultima pagina, la pervade. Sullo sfondo di un’empirica ricostruzione storica dell’Afghanistan degli anni Sessanta, si staglia la vicenda di una donna audace e coraggiosa.
In uno scenario sociale dominato da un monopolio patriarcale, infatti, la protagonista è relegata in una prigione ideale intessuta di aspettative e rappresentazioni declinate al maschile. Si legge, tra le pagine, una puntuale ricerca storica condotta da Liliana Manetti.
La dilatazione temporale del romanzo attesta, infatti, una conoscenza documentata dei fatti.
L’excursus si dipana con la guerra contro l’Unione Sovietica, il successivo movimento di insurrezione dei talebani mirato alla difesa politica e militare, l’incremento delle truppe statunitensi sul territorio afghano, il percorso ideologico dei mujahidin fino all’attacco alle torri gemelle.
Questi avvenimenti, inscritti nella fabula come corollario, si snodano nel libro. L’autrice consegna al lettore la chiave interpretativa di una vicenda intimistica, attraverso la narrazione di un autentico romanzo di formazione.
a costruzione dell’identità di Shabnam evolve, dall’abbrivio al climax finale, in un tentativo, ininterrotto, di rivalsa. Le altre figure femminili sono portatrici di istanze diverse.
Se la madre della protagonista rappresenta la disillusione, la nonna è fonte di ispirazione.
Una sorta di alter ego di Shabnam, il trait d’union fra una visione arcaica del femminile e l’aspirazione alla libertà.
Pubblicato in collaborazione con CISDA
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