Dove sono le donne afghane?
25 Novembre 2024
L’intensificarsi del traffico di eroina proveniente dall’Afghanistan condiziona la politica e l’economia dell’intera regione e ha creato una nuova narco-élite che si arricchisce mentre cresce la povertà della popolazione.
Oggi l’Afghanistan, sul piano economico, è come un buco nero che emette onde di insicurezza e caos in una regione che sta attraversando molteplici crisi. Le infrastrutture del paese sono in rovina. I servizi pubblici essenziali presenti in qualsiasi paese sottosviluppato qui non esistono.
Non ci sono acqua corrente, elettricità, reti telefoniche, strade carrozzabili.
È difficile dunque quantificare il numero esatto dei tossicodipendenti. Nel 2005 c’erano circa 200.000 dipendenti da oppio. Nel 2009 erano già saliti a un milione (cifra che, secondo l’ONU comprendeva circa il 3% delle donne afghane) e nel 2015 la cifra era compresa tra 1,9 e 2,4 milioni. “Su 40 milioni di abitanti 3,5 milioni abusano di sostanze stupefacenti”, affermava nell’aprile 2022 Mohammad Daoud Jaihon, il direttore dell’ospedale Jandalak a est di Kabul, specializzato nel recupero dei tossicodipendenti.
Secondo le stime del Ministero della Salute Pubblica afghano, alla fine del 2022 il numero delle donne tossicodipendenti era vicino al milione e quello di ragazzi e ragazze oltre 100.000. I motivi principali per cui le donne cadono nella tossicodipendenza sono la situazione economica e la mancanza di lavoro. La precarietà le rende incapaci di combattere per la propria vita o di provvedere alla propria famiglia, e il modo più semplice è fare uso di sostanze. In molti casi sono i mariti a iniziarle. Madri che hanno usato droghe durante la gravidanza, quando i figli piangono per farli tacere danno loro della droga. Quindi fin dalla giovane età questi bambini sono dipendenti.
I dati relativi alle figure maschili sono altrettanto allarmanti: soprattutto uomini e ragazzi fanno uso di Tramadolo e Captagon, la droga dei jihadisti, un’amfetamina che toglie la stanchezza e la paura.
Questi i dati. Ma qual è la politica dei talebani nei confronti della droga? Non bisogna lasciarsi fuorviare dalle ultime notizie che giungono dall’Afghanistan relative a una drastica diminuzione della coltivazione dell’oppio: i talebani, fin dalla loro comparsa, si sono finanziati tramite le “tasse” sulla coltivazione dell’oppio e sulla produzione di anfetamine e continuano a farlo, utilizzando con perizia le leggi di mercato.
Un po’ di storia. Nel 1989 il mullah Akhundzada, appena l’Armata Rossa si ritirò, capì che bisognava controllare il traffico di eroina. Impose che la valle di Helmand fosse coltivata a oppio: chiunque si fosse opposto continuando a coltivare melograni o frumento prendendo sovvenzioni statali sarebbe stato evirato. Il risultato fu la produzione di 250 tonnellate di eroina. Akhundzada, oggi indicato come il maggiore leader talebano, è uno dei trafficanti più importanti al mondo.
Nel 1997 l’UNDCP (United Nations Drugs Control Programme) conclude un accordo con i talebani che accettano di eliminare le colture di papaveri da oppio a condizione che la comunità internazionale fornisca il denaro per aiutare i contadini a passare a colture alternative. Si impegna a sostenere l’introduzione di nuove colture commerciali, il miglioramento dell’irrigazione, la costruzione di nuove fabbriche e il pagamento dei costi della nuova politica.
Ma l’accordo non è mai stato reso operativo dai talebani e nel 1998, dopo l’abbandono dell’Afghanistan da parte delle agenzie dell’ONU, sarà semplicemente accantonato. Le tasse sull’esportazione dell’oppio diventano l’entrata principale dei talebani e il principale sostegno per la loro economia di guerra. Nel 1995 UNDCP stimava che le esportazioni di droga da Pakistan e Afghanistan fruttavano 50 miliardi di rupie (1,35 miliardi di dollari) all’anno; nel 1998 il valore dell’esportazione di eroina raddoppiava raggiungendo 3 miliardi di dollari.
Nel 2000-2001, per ingraziarsi la comunità internazionale che additava l’Afghanistan dei talebani come centrale del terrorismo islamico, i talebani imposero una drastica riduzione della produzione di oppio che provocò un’impennata dei prezzi dell’eroina; visto che la produzione degli anni precedenti aveva avuto un’impennata (vedi grafico) i talebani comunque poterono garantirsi lauti guadagni vendendo le scorte ai nuovi prezzi di mercato.
È quindi altamente probabile che la storia si stia ripetendo oggi.
Dopo la presa di Kabul, i talebani hanno annunciato un programma per eradicare le coltivazioni di papavero e promuovere la disintossicazione di massa, ma secondo i risultati del rapporto Opium cultivation in Afghanistan, pubblicato dall’United Office on Drugs and Crime (UNODC), relativo al 2022: “La coltivazione dell’oppio in Afghanistan è aumentata del 32% rispetto all’anno precedente, fino a 233.000 ettari, rendendo il raccolto del 2022 la terza più grande area coltivata dall’inizio del monitoraggio. La coltivazione ha continuato a concentrarsi nelle parti sud-occidentali del paese, che rappresentavano il 73% della superficie totale e hanno visto i maggiori aumenti di raccolto. Nella provincia di Helmand, un quinto dei seminativi era dedicato al papavero da oppio”.
Nell’aprile 2022 hanno annunciato il divieto di coltivazione (ma non la distruzione del “mega” raccolto 2022, così come non ne è stata vietata la lavorazione e il commercio): i prezzi dell’oppio sono aumentati vertiginosamente e la sua vendita ha fruttato dai 425 milioni di dollari del 2021 a 1,4 miliardi di dollari nel 2022 (equivalente al 29% del valore dell’intero settore agricolo dell’Afghanistan nel 2021).
La riduzione della coltivazione è confermata dall’ultimo rapporto di UNODC (giugno 2023): “Il raccolto di oppio del 2023 in Afghanistan potrebbe subire un drastico calo a seguito del divieto nazionale di droga, poiché i primi rapporti suggeriscono riduzioni nella coltivazione del papavero”. Ma lo stesso rapporto mette in guardia sulla reale volontà di estirpare il traffico di stupefacenti: “L’Afghanistan è anche un importante produttore di metanfetamine nella regione e il calo della coltivazione di oppiacei potrebbe portare a uno spostamento verso la produzione di droghe sintetiche, di cui beneficeranno diversi attori”.
Inoltre, le nostre fonti in Afghanistan, oltre a sottolineare come questa “riduzione”, motivata principalmente dalla ricerca del riconoscimento da parte della comunità internazionale, garantisca ai talebani, grazie al rialzo dei prezzi, gli stessi elevati guadagni degli anni passati, ci informano che non tutta la produzione 2022 è stata posta sul mercato e le ingenti scorte consentiranno l’immissione di dollari nelle casse dei talebani ancora a lungo.
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