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Afghanistan fuori dall’Afghanistan

L’Afghanistan di Malalai, Belquis, Maryam, Selay, Farzane, Andeisha, Pari e mille e altre mille come loro è fatto di ideali, sogni e cose molto concrete.
Iniziative che solo donne coraggiosissime, impegnate al limite del sacrificio possono perseguire nel paese dei Warlords, delle invasioni e della guerra perpetua.
Queste donne parlano e creano.
Organizzano e gestiscono alloggi per orfani, apparati di sostegno ai familiari delle vittime di interminabili conflitti civili e internazionali, scuole d’istruzione e di avviamento al lavoro, case rifugio per sfortunate schiacciate dalla spirale di persecuzione e violenza.

Afghanistan fuori dall’Afghanistan

di Enrico Campofreda, Patrizia Fiocchetti

Poiesis (Alberobello), 2013

Germi di non violenza in acque agitate

Il libro esplora la recente nascita di movimenti nonviolenti in alcune zone di turbolenza politica e sociale: i conflitti in corso tra israeliani e palestinesi, il complesso rapporto tra religione e politica in Birmania, il nascente movimento nonviolento in Iraq.

Simona Cataldi, esponente del Cisda, a seguito di indagini effettuate sul campo, ha elaborato un resoconto della miserabile condizione delle donne nella cornice a sua volta atroce della guerra in corso in Afghanistan.
Un esame incisivo e coraggioso che mostra uno scenario oscuro e disperante – nel quale si intravedono sì piccoli spiragli di tregua, di avvio a una qualche affermazione di diritti – ma con la  convinzione di poterci arrivare solo percorrendo una strada di ardua e lunghissima affermazione della nonviolenza.
(vedi il capitolo “L’Afghanistan che resiste” di Simona Cataldi).

Germi di non violenza in acque agitate

a cura di Ester Fano

Ediesse Saggi, 2012, pp. 259

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

SHÙLAI, Il movimento maoista afghanoLa storia del movimento maoista afgano Shùlai, promotore delle rivolte studentesche, contadine e operaie che hanno caratterizzato il ‘Sessantotto afgano’ e i primi anni ’70, organizzatore di insurrezioni contro il regime filosovietico alla fine degli anni ’70, protagonista di un’autonoma lotta armata partigiana contro l’invasore sovietico e le milizie fondamentaliste finanziate dagli Stati Uniti.
È ancora oggi impegnato in una lotta politica clandestina contro l’occupazione Nato e il fondamentalismo, sia quello talebano, sia quello dei signori della guerra tornati al potere con Karzai e con il sostegno di Washington.

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

di Enrico Piovesana

Città dl Sole Edizioni, 2012, pp. 104

Finché avrò voce

Malalai Joya è una donna afgana che non ha mai conosciuto la pace. È nata infatti sotto l’occupazione russa.
Dopo la caduta dei Talebani è stata eletta parlamentare.
Malalai ha dedicato la vita ad alzare la voce contro l’oppressione delle donne afgane e contro i signori della guerra. Per questo è stata espulsa illecitamente dal Parlamento.
È oggetto di continue minacce di morte e vive una vita blindata. Per tutto questo è costretta a indossare quel burka contro cui ha da sempre lottato.

Malalai era ancora tra le braccia della mamma quando i russi hanno invaso l’Afghanistan. E aveva solo quattro anni quando la sua famiglia si è rifugiata in Pakistan. Poi sono venuti la guerra civile negli anni Novanta, la presa del potere dei talebani, la “guerra al terrore” degli americani. Quando, dopo il crollo del regime talebano, Malalai ha la possibilità di entrare a far parte dei delegati della Loya Jirga, il gran consiglio afgano che dovrebbe governare il nuovo corso, si ritrova in realtà seduta a fianco degli aguzzini di sempre. Lo sgomento non dura che un attimo. Si alza. Chiede la parola. E proprio lei, una donna, dice le verità che nessuno aveva mai detto. “La legittimità e la legalità di questa assemblea” esordisce risoluta “vengono messe in dubbio dalla presenza dei criminali che hanno ridotto il nostro Paese in questo stato. Sono le persone più contrarie alle donne. Dovrebbero essere condotti davanti a tribunali nazionali e internazionali. Se anche potrà perdonarli il nostro popolo afgano dai piedi scalzi, la nostra storia non li perdonerà mai”. In aula scoppia il putiferio. Dal giorno del suo intervento, Malalai è oggetto di continue minacce di morte e di continui tentativi di attentati. È stata infine espulsa illecitamente dal parlamento dove è stata eletta. Ormai vive una vita blindata, cambia casa ogni giorno, è costretta a girare con il burqa, proprio lei che lo combatte da sempre. La sua storia e quella tormentata del suo Paese si intrecciano.

Finché avrò voce. La mia lotta contro i signori della guerra e l’oppressione delle donne afghane

di Malalai Joya

Piemme Edizioni, 2011, pp. 2011