Skip to main content

Autore: Patrizia Fabbri

Piccolo shelter per donne vittime di violenza

CISDA, nei suoi lunghi anni di attività, ha sostenuto la realizzazione e lo sviluppo di alcuni rifugi per donne vittime di violenza domestica.

Il progetto prevedeva una serie di interventi integrati finalizzati alla lotta alla violenza nei confronti delle donne, da un lato promuovendo il loro empowerment sociale, economico e legale e dall’altro l’affermazione della cultura dei diritti umani delle donne attraverso l’educazione alla legalità e il rafforzamento del sistema di giustizia.

Veniva fornita gratuitamente assistenza legale, psicologica e sanitaria quando necessario, e le donne erano supportate in tribunale per ottenere giustizia e un risarcimento per i crimini subiti. Le attività del progetto erano rafforzate sulla base delle relazioni stabilite con le organizzazioni di base, le ong locali già operanti sui temi dei diritti delle donne e con le istituzioni di riferimento.

Dall’agosto 2021 gli “Shelter” – Case rifugio per donne vittime di violenza – sono stati chiusi perché non era possibile garantire la sicurezza delle donne che si erano rifugiate negli shelter. Siamo però riuscite a sostenere ancora una piccola attività, con un “piccolo shelter” sul quale, per ovvii motivi di sicurezza, non possiamo dare informazioni dettagliate.

Le donne e i bambini che vivono nel rifugio partecipano a programmi educativi organizzati, tra cui corsi di studio e formazione in cucito. Inoltre, vengono organizzate diverse attività ricreative, come attività sportive e celebrazioni speciali come la Giornata internazionale della donna (8 marzo) e gli anniversari della Giornata mondiale dell’infanzia. Queste attività non solo contribuiscono a migliorare la loro qualità di vita, ma anche a ravvivare il loro spirito e la loro speranza.

Una delle donne nel rifugio ha espresso la sua felicità di vivere qui e di vivere in un ambiente sereno. Ha anche notato che i suoi figli sono impegnati negli studi e spera di costruire un futuro luminoso e di successo per sé e la sua famiglia.

Inoltre, una delle bambine ha detto che l’ambiente del rifugio è molto piacevole per lei ed è felice di poter studiare in un’atmosfera così solidale.

Per queste donne e questi bambini è molto importante avere un posto sicuro dove vivere, aiutaci a continuare a sostenerlo: invia il tuo contributo nella modalità che più preferisci, qui puoi trovare tutte le informazioni su come fare.

NO to Fawzia Koofi’s participation in the Oslo Conference

Tomorrow, September 5, the Woman, life freedom conference will be held in Oslo, to which Fawzia Koofi, a member of a very influential family and former Afghan parliamentarian, has been invited as a speaker. CISDA and the Afghan organizations with which we collaborate have repeatedly highlighted how this lady and her family have been responsible for abuse and corruption in their country. For this reason, last June, CISDA sent a letter to the Norwegian Nobel Institute.

Below is the text of the letter in Italian, while here you can download the original in English sent to the Institute.

——————————————

Dear gentlemen of the Nobel Peace Center,

we are an Italian organization that has been working alongside some Afghan women’s associations since 1999; in all these years we have had the opportunity, on many occasions, to meet Afghan women in their country, to understand how much strength and determination they put into wanting to rise from a heavy condition of oppression through work, study, awareness of their rights.

Afghan women know very well that none of the regimes or governments that have followed one another in recent decades have really worked to guarantee them a dignified and free life.

Their tireless work continues today, despite the difficulties and threats.

You are certainly aware of the inhuman rules that the Taliban regime imposes on women and girls. For over 1000 days, girls have not been able to continue their studies after primary school and are forced to suffer what we can define as gender apartheid.

Afghanistan is the only country in the world that prevents women from educating.

In Afghanistan, women have been deprived of every right: they cannot travel, work, have adequate medical care and live an independent life.

We have learned that on September 5, 2024, in Oslo, the conference Woman, life freedom will be held, to which Fawzia Koofi, a member of a very influential family and a former Afghan parliamentarian, has been invited as a speaker. Well, this lady and her family have been responsible for abuse and corruption in their country.

Mrs. Fawzia Koofi and her sister Mariam have always used their political power to protect their brothers, who were prosecuted for drug trafficking. She herself has always taken advantage of her position to keep for herself or divert to her own business a good part of the funding received from Western governments in order to build schools or houses for the neediest.

See also this post.

All this was denounced by the inhabitants of the region (Badakhshan) of which she was a parliamentary representative and accompanied by photos and documents (See the real face of Fawzia Koofi and her corrupt family! « RAWA News)

In her role as a parliamentarian and vice president of the Afghan National Assembly, Fawzia Koofi was responsible for supporting a corrupt and incompetent government, made up of warlords who often owed their power not to their political skills but to the atrocities they committed. And the purely marginal and formal role of women within it does not diminish the responsibility of those who agreed to endorse it for personal gain.

Fawzia Koofi also agreed to endorse the agreements between the US and the Taliban in 2020, in Doha, to allow their return to power, participating directly in the negotiations and providing a veneer of democracy to a maneuver that fell on the shoulders of the Afghan people, women in particular, while the rulers of the time fled the country, as she did.

We report here the words of Belquis Roshan, an opposition senator in the upper house of the Afghan Parliament during the previous government, forced to leave her country and now a refugee in Europe, who on 26 August 2023, during a meeting with Richard Bennett, the UN special rapporteur on the situation of human rights in Afghanistan and delegates to the first UN session to discuss “gender apartheid” in Afghanistan, declared: “Women who protest are attacked, so international institutions should be their voice. Instead of sponsoring some Taliban lobbyists who are the cause of this miserable situation, women who are fighting bravely in Afghanistan against the Taliban should be given the opportunity to make their pro-democracy cries heard and be listened to”.

We consider the facts attributed to Mrs. Koofi very serious and ask you to consider and verify our complaint.

NO alla partecipazione di Fawzia Koofi alla Conferenza di Oslo

Domani, 5 settembre, si terrà a Oslo la conferenza Woman, life freedom alla quale è stata invitata come speaker Fawzia Koofi, membro di una famiglia molto influente ed ex parlamentare afghana. CISDA e le organizzazioni afghane con le quali collaboriamo hanno più volte rilevato come questa signora e la sua famiglia si siano resi responsabili, nel loro paese, di abusi e corruzione. Per questo, nello scorso giugno, CISDA ha inviato una lettera al Norwegian Nobel Institute.

Di seguito il testo della lettera in italiano, mentre qui si può scaricare l’originale in inglese inviato all’Istituto.

——————————————

Spettabili signori del Nobel Peace Center,

siamo una organizzazione italiana che dal 1999 lavora al fianco di alcune associazioni di donne afghane; in tutti questi anni abbiamo avuto modo, in molteplici occasioni, di incontrare le donne afghane nel loro paese, di capire quanta forza e determinazione mettevano nel volersi sollevare da una pesante condizione di oppressione attraverso il lavoro, lo studio, la consapevolezza dei propri diritti.

Le donne afghane sanno bene che nessuno dei regimi o governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni ha realmente lavorato per garantire loro una vita dignitosa e libera.

Il loro lavoro instancabile prosegue ancora oggi, nonostante le difficoltà e le minacce.

Siete sicuramente a conoscenza delle regole disumane che il regime talebano impone a donne e ragazze. Da oltre 1000 giorni le ragazze non possono proseguire gli studi dopo la scuola primaria e sono costrette a subire quello che possiamo definire apartheid di genere.

L’Afghanistan è il solo paese al mondo che impedisce l’istruzione alle donne.

In Afghanistan le donne sono state private di ogni diritto: non possono viaggiare, lavorare, avere cure mediche adeguate e una vita autonoma.

Abbiamo appreso che il 5 settembre 2024, a Oslo, si terrà la conferenza Woman, life freedom alla quale è stata invitata come speaker Fawzia Koofi, membro di una famiglia molto influente ed ex parlamentare afghana. Ebbene, questa signora e la sua famiglia si sono resi responsabili, nel loro paese, di abusi e corruzione.

La signora Fawzia Koofi e sua sorella Mariam hanno sempre usato il loro potere politico per proteggere i loro fratelli, perseguiti per traffico di droga. Lei stessa ha sempre approfittato della sua posizione per trattenere per sé o dirottare sui propri affari una buona parte dei finanziamenti ricevuti dai governi occidentali al fine di costruire scuole o case per i più bisognosi.

Si veda anche questo post.

Tutto questo è stato denunciato dagli stessi abitanti della regione (Badakhshan) di cui era rappresentante parlamentare e corredato di foto e documenti (See the real face of Fawzia Koofi and her corrupt family! « RAWA News)

Nel suo ruolo di parlamentare e vice presidente dell’Assemblea nazionale afghana Fawzia Koofi è stata responsabile di aver sostenuto un governo corrotto e incapace, costituito da signori della guerra che spesso dovevano il loro potere non alle capacità politiche ma alle efferatezze compiute. E il ruolo puramente marginale e formale delle donne al suo interno non sminuisce la responsabilità di coloro che si sono prestate ad avallarlo per tornaconto personale.

Fawzia Koofi si è anche prestata ad avallare gli accordi tra USA e talebani nel 2020, a Doha, per consentire il loro ritorno al potere, partecipando direttamente alle trattative e fornendo una patina di democraticità a una manovra che è ricaduta sulle spalle del popolo afghano, le donne in particolare, mentre i governanti di allora fuggivano dal paese, come ha fatto lei.

Riportiamo qui le parole di Belquis Roshan, senatrice di opposizione nella Camera alta del Parlamento afghano durante il precedente governo, costretta a lasciare il suo paese e ora rifugiata in Europa, che il 26 agosto 2023, durante un incontro con Richard Bennett, il relatore speciale dell’ONU sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan e i delegati alla prima sessione delle NU per discutere dell'”apartheid di genere” in Afghanistan, dichiara: “Le donne che protestano vengono attaccate, quindi le istituzioni internazionali dovrebbero essere la loro voce. Invece di sponsorizzare alcune lobbiste talebane che sono la causa di questa misera situazione, alle donne che combattono coraggiosamente in Afghanistan contro i talebani dovrebbe essere data l’opportunità di far sentire le loro urla pro-democrazia e di essere ascoltate”.

Riteniamo i fatti imputati alla signora Koofi molto gravi e vi chiediamo di considerare e verificare la nostra denuncia.

PRESS RELEASE – A slap in the face to dialogue

Faced with the abominable recent law of the Taliban issued by the Ministry for the Promotion of Virtue and Prevention of Vice against women, their freedom and their very existence, the international community has rushed to express its total condemnation and to ask for its repeal.

In reality, the law does not affirm anything new compared to what had already been decided and applied by the Taliban “justice” in these three years of its absolute dominion. Women were already not allowed to attend school after the age of 12, work outside the home except in rare cases, go out alone without the accompaniment of a family member, be seen without the jahab, frequent public parks, bathrooms, beauty salons, gyms not even if reserved for them.

Now the ban for women to make their voices heard in public, to sing, recite, read aloud has also been clearly sentenced, as the last sign of the will to completely erase women as human beings.

The Taliban have gone so far as to affirm with a written law and with national validity their interpretation of the Sharia, which they consider the basis of the “divine mandate” of their government and which they intend to propagate as the correct interpretation of the Muslim religion.

It is clearly a sign of strength, what they want to show to the world even before their subjects.

But why, despite all the declarations of condemnation of their policy towards women by practically all the states of the international community and a large part of the Muslim world, have the Taliban had the courage and the nerve to promulgate such a strong law, slapping all the international institutions and the sanctions promulgated against them?

In these three years many Governments and States, not only those close to them in the Region but also Western donor countries, have made ever greater openings towards the de facto recognition of the Taliban government, up to the 3rd Doha Conference organized by the UN itself explicitly to bring the Taliban closer to the international community, accepting, in the name of their rapprochement, not to talk about women and human rights precisely to demonstrate to the Taliban their good will to dialogue with them, in the hope that they would then give something in return. Enough with the iron fist that has isolated the Taliban and made them more “evil” – they said – let’s forget about human rights and move forward with the dialogue on less controversial topics, let’s show how “good” we and our democratic system are, so they will understand…

But on the third anniversary of their seizure of power, the Taliban have shown with this law not only that they have no intention of making openings on human rights for anyone, but have even consolidated their beliefs and repressive grip on women and the entire population, showing that the rules applied so far locally and with personal arbitrariness by the various Taliban officials and local governors did not represent simple abuses or exaggerated interpretations of the sahria but instead what is and will continue to be the inspiring thought of their governance.

Will this further official position be enough to convince the UN, the States and the international institutions that it is useless to hope for a repentance and a change in their ideology but that instead the Taliban should be treated as the criminals that they are and forced to their responsibilities, reporting them to the national and international justice bodies?

This is what the Afghan women who resist inside and outside the country and all the institutions and organizations that work for human rights are asking for.

This is also what CISDA is asking for.

COMUNICATO – Uno schiaffo al dialogo

Di fronte all’abominevole recente legge dei Talebani emanata dal Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio contro le donne, la loro libertà e la loro stessa esistenza, la comunità internazionale si è affrettata a esprimere la sua totale condanna e a chiederne l’abrogazione.

In realtà la legge non afferma niente di nuovo rispetto a quanto era già stato deciso e applicato dalla “giustizia” talebana in questi tre anni di suo dominio assoluto. Già le donne non potevano frequentare la scuola dopo i 12 anni, lavorare fuori casa tranne in casi rari, uscire da sole senza l’accompagnamento di un famigliare, farsi vedere senza il jahab, frequentare parchi pubblici, bagni, saloni di bellezza, palestre nemmeno se a loro riservati.

Ora è stato chiaramente sentenziato anche il divieto per le donne a far sentire in pubblico la loro voce, cantare, recitare, leggere ad alta voce, come ultimo segno della volontà di cancellare completamente le donne come esseri umani.

I talebani si sono spinti ad affermare con una legge scritta e con validità nazionale la loro interpretazione della Sharia, che considerano la base del “mandato divino” del loro governo e che intendono propagandare come la giusta interpretazione della religione musulmana.

E’ chiaramente un segno di forza, quello che vogliono mostrare, al mondo prima ancora che ai loro sudditi.

Ma come mai, nonostante tutte le dichiarazioni di condanna della loro politica verso le donne da parte di praticamente tutti gli stati della comunità internazionale e di gran parte del Mondo musulmano i Talebani hanno avuto il coraggio e la faccia tosta di promulgare una legge così forte dando uno schiaffo a tutte le istituzioni internazionali e alle sanzioni promulgate nei loro confronti?

In questi tre anni molti Governi e Stati, non solo quelli vicini nella Regione ma anche i paesi donatori occidentali, hanno praticato aperture sempre maggiori verso il riconoscimento di fatto del governo talebano, fino ad arrivare alla 3° Conferenza di Doha organizzata dall’Onu stessa dichiaratamente per avvicinare i talebani al consesso internazionale, accettando, in nome del loro avvicinamento, di non parlare di donne e diritti umani proprio per dimostrare ai talebani la buona volontà di dialogare con loro, nella speranza  che questi avrebbero poi dato qualcosa in cambio. Basta con il pugno di ferro che ha isolato i talebani e li ha resi più “cattivi” – dicevano –  lasciamo perdere i diritti umani e andiamo avanti con il dialogo su argomenti meno controversi, dimostriamo come siamo “buoni” noi e il nostro sistema democratico, così capiranno…

Ma nel terzo anniversario della loro presa del potere i talebani hanno mostrato con questa legge non solo che non hanno alcuna intenzione di fare aperture sui diritti umani per nessuno, ma addirittura hanno consolidato le loro convinzioni e la presa repressiva sulle donne e tutta la popolazione, mostrando che le norme finora applicate localmente e con arbitrio personale da parte dei vari funzionari talebani e governatorucci locali non rappresentavano semplici abusi o esagerate interpretazioni della sahria ma invece quello che è e continuerà a essere il pensiero ispiratore della loro governance.

Sarà sufficiente questa ulteriore presa di posizione ufficiale per convincere l’Onu, gli Stati e le Istituzioni internazionali che è inutile sperare in un ravvedimento e un cambiamento della loro ideologia ma che invece i Talebani vanno trattati per i delinquenti che sono e costretti alle loro responsabilità, denunciandoli agli organi di Giustizia nazionali e internazionali?

Questo è quanto chiedono le donne afghane che resistono dentro e fuori il Paese e tutte le istituzioni e le organizzazioni che lavorano per i diritti umani.

Questo chiede anche il CISDA.

Hanafi Khalid

Khalid Hanafi è nato nel 1971 nel villaggio di Kolam Shaheed nel distretto di Doabi della provincia di Nuristan in Afghanistan.

Ruolo e responsabilità attuali

Attualmente Khalid Hanafi ricopre la carica di Ministro per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio del cosiddetto Emirato islamico dell’Afghanistan, il governo de facto, non riconosciuto dalla comunità internazionale, che è al potere in Afghanistan dall’agosto 2021.

“Hanafi è emerso come una delle figure più note dal ritorno al potere dei talebani.

La comunità internazionale lo identifica come un grave violatore dei diritti umani, in particolare per il suo ruolo nell’applicazione delle leggi draconiane dei talebani che hanno gravemente limitato le libertà dei cittadini afghani, soprattutto delle donne…Il suo ministero, noto per aver imposto alcune delle più severe restrizioni alla società afghana, è stato in prima linea nella campagna dei talebani per limitare i diritti delle donne. Queste misure includono il divieto alle donne di entrare nei parchi pubblici, la limitazione della loro libertà di movimento e l’applicazione di rigidi codici di abbigliamento prendendo come riferimento la legge islamica.

La posizione intransigente di Hanafi sui diritti delle donne riduce il loro ruolo nella società confinandole al matrimonio e agli obblighi religiosi. La sua retorica ha chiarito che l’interpretazione della legge della Sharia da parte dei talebani, in particolare per quanto riguarda l’hijab e la presenza pubblica delle donne, non è negoziabile: Possiamo rinunciare a qualsiasi cosa, ma non possiamo rinunciare alla Sharia. Sharia e hijab sono le nostre linee rosse perché il nostro obiettivo era implementare un sistema islamico, ha dichiarato in un recente incontro.

Hanafi è strettamente legato alla rete Haqqani, una fazione influente all’interno dei talebani, e mantiene una stretta relazione con il leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada. La sua lealtà e il suo allineamento con la visione di Akhundzada hanno portato a un’autorità ampliata sugli organi esecutivi e giudiziari dei talebani, rafforzando ulteriormente la sua influenza nel governo oppressivo del regime.

Negli ultimi anni, le azioni di Hanafi hanno suscitato una condanna diffusa, sia a livello nazionale che internazionale. Le donne afghane, in particolare, hanno sopportato il peso delle sue politiche. Sotto la guida di Hanafi, il Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio è stato autorizzato a detenere e punire coloro che sfidano le sue restrizioni, rafforzando ulteriormente il controllo dei talebani sulla società afghana.

La portata del ministero si estende oltre i codici di abbigliamento e il comportamento sociale, comprendendo restrizioni sulle pratiche culturali e la presenza stessa delle donne nella vita pubblica. Mentre l’Afghanistan continua a confrontarsi con le conseguenze del governo dei talebani, Khalid Hanafi rimane una figura fondamentale negli sforzi del regime per imporre la sua austera interpretazione della legge islamica, con effetti profondi e devastanti sul tessuto sociale del paese.” (fonte Amu TV, 24 agosto 2024)

Biografia

Khalid Hanafi è figlio di Malik Habibullah, leader jihadista del periodo dell’invasione russa e governatore locale. Cresciuto in una famiglia integralista, Hanafi ha studiato in varie madrase in Afghanistan e in Pakistan. In particolare, ha compiuto i suoi studi nella madrasa Darul Uloom Haqqania, nella provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa, “importante centro di diffusione della cultura islamica sunnita del movimento Deobandi, … Fu ribattezzata l’Università della Jihād per il contenuto, i metodi della didattica e per le future occupazioni di alcuni dei suoi più noti allievi. … diede ampio sostegno ai mujahideen e ai talebani dell’Afghanistan, sfornando in particolare il loro leader, il Mullah Omar.” (fonte Wikipedia)

Tra gli allievi di questa madrasa, oltre a Hanafi e al Mullah Omar, si annoverano Jalaluddin Haqqani, ex leader della rete terroristica omonima; Akhtar Mansour, ex leader dei talebani; Sirajuddin Haqqani, succeduto al padre Jalaluddin quale leader della rete che porta il suo nome; Mohammad Yunus Khalis, esponente di spicco dei mujaheddin.

Oltre a studiarvi, Hanafi ha successivamente insegnato in questa e in altre madrase, radicalizzandosi ulteriormente nel quadro ideologico che ora guida le politiche dei talebani.

Della sua vita privata, come di quella di molti leader talebani, non si sa molto.

Formazione e carriera politica

Vicino al primo governo talebano (1996-2001), anche grazie all’attività del fratello, Maulvi Rustam, allora vice ministro dei lavori pubblici, Hanafi ha formato un movimento jihadista nei distretti di Nimroz e Delaram (nell’Afghanistan meridionale).

Negli anni dell’intervento Nato, Hanafi è stato responsabile di tre distretti nella provincia di Nuristan: Norgram, Doab e Mandol. Inoltre, è stato responsabile anche delle province di Laghman e Nuristan e dei campi di addestramento militare nella zona orientale del Paese.

Dal ritorno al potere dei talebani, nell’agosto 2021, ricopre l’incarico di Ministro per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio.

Hanafi è il promotore della legge, approvata dai vertici talebani lo scorso 22 agosto, che sistematizza i numerosi divieti già in vigore nel paese, aggiungendone di nuovi.

“La nuova legge, divisa in 35 articoli, raggruppa in unico testo varie norme (alcune delle quali già in vigore nel paese) che limitano notevolmente i diritti delle donne e impongono restrizioni sul loro comportamento, sia in pubblico che in privato. Tra le altre cose la legge stabilisce che le donne debbano coprire il corpo e il viso quando sono in pubblico, e non possano indossare indumenti aderenti o corti. Non possono cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico, dato che secondo i talebani la voce di una donna è considerata un aspetto intimo e deve rimanere privata. Vieta inoltre alle donne di viaggiare senza essere accompagnate da un uomo con cui hanno un legame di sangue, e di fare incontri di qualsiasi tipo con uomini con i quali non sono imparentate.

Sono regolamentati anche alcuni aspetti dell’abbigliamento maschile: gli uomini non possono portare pantaloni sopra al ginocchio e devono sempre curare la propria barba. Sono vietate la produzione e la diffusione di immagini rappresentanti esseri viventi, l’ascolto della musica, l’omosessualità, l’adulterio e le scommesse.” (fonte il post)

In risposta alle numerose critiche sollevate dall’emanazione della legge da parte della comunità internazionale e, in particolare, di UNAMA Hanafi ha liquidato le proteste sottolineando che l’Emirato islamico si impegna con il mondo solo nel quadro delle leggi islamiche. “Secondo Mohammad Khalid Hanafi, l’hijab e l’implementazione delle punizioni islamiche sono linee rosse e nessun ordine di nessuno in merito verrà accettato. Il ministro ha affermato: Se l’Emirato islamico interagisce con il mondo, lo fa secondo il quadro della Sharia. Non agirà contro il quadro della Sharia, se Dio vuole. Il nostro obiettivo è un sistema basato sulla Sharia islamica.” (fonte Tolonews)

Se non sono bastate le violazioni dei diritti delle donne e di tutti i cittadini afghani e le violenze di cui il popolo afghano è vittima, questa legge e queste dichiarazioni dovrebbero mettere una pietra tombale su ogni tentativo, diretto e indiritto, di riconoscimento del governo talebano oltre a far sprofondare nella vergogna chi ha ceduto alle loro ignobili richieste pur di averli presenti all’ultima Conferenza di Doha.

Valutazione internazionale

Khalid Hanafi compare in 2 liste di individui sanzionati in Unione Europea e negli Stati Uniti.

L’8 marzo 2023, Hanafi è stato inserito nella lista nera dei nemici delle donne redatta dall’Unione Europea, una nuova categoria di sanzioni, che va a colpire nove persone e tre entità in tutto il mondo.  L’inserimento nella black list europea viene inquadrato nell’ambito di un regime globale di sanzioni dell’Ue per i diritti umani che si applica ad atti quali il genocidio, i crimini contro l’umanità e altre gravi violazioni o abusi dei diritti umani. Tra le nove persone colpite, oltre ad Hanafi, c’è anche il ministro per l’Educazione superiore Neda Mohammed Nadeem, entrambi colpevoli di “serie violazioni dei diritti delle donne afghane”, si legge nel testo approvato a Bruxelles.

L’8 dicembre 2023 Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha imposto sanzioni a Mohammad Khalid Hanafi, Ministro per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, e a Fariduddin Mahmood, capo dell’Accademia talebana, citando violazioni dei diritti umani e repressione di donne e ragazze. Il dipartimento ha affermato che i membri del ministero di Hanafi “hanno commesso gravi abusi dei diritti umani, tra cui rapimenti, frustate e percosse”. Hanno anche aggredito gli afghani che protestavano contro le restrizioni all’attività delle donne, tra cui l’accesso all’istruzione, ha osservato la dichiarazione.