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Autore: Patrizia Fabbri

Il CISDA a sostegno del Kurdistan

La storia dell’impegno del CISDA per il Kurdistan ha origine nel gennaio 2015, quando tre esponenti del CISDA si incontrano a Londra con alcune militanti curde della comunità locale. Da quella conversazione, in cui visioni ed esperienze politiche si intrecciano e sempre più chiaramente si rivelano consonanti, nasce il progetto di una delegazione in Kurdistan composta da compagne del CISDA e da giornaliste e altre attiviste, delegazione che si concretizza effettivamente nei primi quindici giorni del marzo 2015.

L’incontro di Londra non era casuale: già da mesi, dall’autunno 2014, il CISDA stava seguendo con attenzione le manifestazioni che si stavano moltiplicando in Afghanistan a sostegno dell’eroica resistenza di Kobane di fronte all’avanzata dell’ISIS.

La delegazione aveva quindi il compito di costruire un ponte tra militanti politici curdi e militanti dei movimenti democratici afghani, con l’obiettivo di sostegno politico vicendevole. Inoltre, si volevano portare aiuti economici all’esausta popolazione curda di Kobane sfollata a Suruç.

Tra il 1° e il 15 marzo 2015, la delegazione organizzata dal CISDA ha quindi consegnato i fondi raccolti in Italia (10.000 euro) suddividendoli tra i seguenti beneficiari:

  • Rojava Solidarity di Suruç, per l’acquisto beni di prima necessità per gli sfollati di Kobane ospitati nei campi profughi della città;
  • Municipalità di Kobane, per la ricostruzione della città;
  • Campo Profughi nei pressi di Diyarbakir, per gli Yazidi sfollati;
  • partito HDP, per attività a favore degli sfollati di Kobane (allestimento e mantenimento campi);
  • Women Peace Initiative Center di Istanbul, per il pagamento delle spese di viaggio delle volontarie che si recano a lavorare tra i profughi di Kobane per periodi che variano da tre a sei mesi;
  • Heyva Sor (Mezza Luna Rossa del Kurdistan).

Il CISDA intende proseguire la cooperazione con queste realtà politiche curde, senza per questo sottrarre attenzione e impegno per le attività delle associazioni che da sempre sostiene in Afghanistan. Terrà quindi aperta la comunicazione e lo scambio con l’UIKI (Ufficio Italiano Informazioni Kurdistan), con la Mezza Luna Rossa del Kurdistan e con le compagne del Movimento di liberazione curdo, continuando anche a raccogliere fondi e organizzando iniziative a favore del Kurdistan.

Questa apertura politica al Kurdistan è non solo condivisa, ma anzi decisamente incoraggiata dai movimenti democratici afgani con i quali collabora il CISDA.

DONA per sostenere CISDA nelle attività per il Kurdistan

Per approfondire scarica gli opuscoli

  • La nazione democratica

    La nazione democratica permette alle persone di diventare nazione loro stesse, senza dover assecondare il potere o lo stato, di diventare nazione utilizzando una politicizzazione profondamente necessaria.

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  • Confederalismo democratico

    Il confederalismo democratico è un paradigma sociale non statuale. Non è controllato da uno stato. Allo stesso tempo, il confederalismo democratico è il progetto culturale e organizzativo di una nazione democratica.

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  • Guerra e pace in Kurdistan

    I Curdi devono essere liberi di organizzarsi in modo tale da poter vivere la propria lingua e cultura e da potersi sviluppare economicamente ed ecologicamente. Curdi, Turchi ed altre culture potrebbero così vivere insieme in Turchia, sotto lo stesso tetto di una nazione democratica.

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  • La rivoluzione delle donne

    La rivoluzione di genere non riguarda solo la donna. Riguarda la civiltà vecchia di cinquemila anni della società divisa in classi che ha lasciato l’uomo in condizioni peggiori della donna. Quindi questa rivoluzione di genere significherebbe simultaneamente la liberazione dell’uomo.

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Rukhshana

La storia di Rukhshana, è come quella di Giulietta e Romeo, ma è ambientata in Afghanistan.

Nasce in una provincia povera del Nord, il Panjshir. Dopo la sua nascita, la famiglia si sposta a Kabul e va a vivere in un vecchio quartiere, in quelle case colorate, una attaccata all’altra, che si arrampicano sulla collina, in mezzo alla città, senza acqua né luce. Il padre è un lavoratore a giornata e fa molta fatica a sfamare la famiglia. Ha una mentalità chiusa e tradizionalista e non permette alle figlie di andare a scuola. Rukhshana è ancora una ragazzina quando si innamora perdutamente del figlio dei vicini, ricambiata con gioia. Il ragazzo va a casa sua diverse volte per chiederla in sposa e viene sempre rifiutato. Rukhshana è picchiata dai fratelli e dal padre e minacciata di morte se continua a frequentarlo. La sola ragione dell’opposizione della famiglia è la povertà del ragazzo. L’innamorato non si rassegna, ma il padre di Rukhshana minaccia di ucciderlo se continuerà a proporsi come fidanzato.

Rukhshana e il ragazzo non riescono a far cambiare idea al padre, ma sono innamorati e determinati a sposarsi ad ogni costo.

Un giorno, la famiglia decide di tornare in Panjshir. Rukhshana li sente parlare da dietro la porta. È spaventata, disperata. Sarebbe la fine del loro amore. Decide che è il momento di prendere in mano il suo destino. Pianifica con cura i dettagli, e scappa di casa per unirsi al ragazzo che ama. L’amore rende forti e arditi. La famiglia è furiosa. Hanno disobbedito, hanno sfidato le regole e l’autorità del padre. Devono essere puniti. Ma le ricerche non danno nessun esito. I due ragazzi sembrano spariti, la città è grande e piena di gente. La fortuna li assiste. Ce l’hanno fatta. Decidono insieme di andare in Pakistan per poter vivere il loro amore in pace, e lì si sposano come avevano deciso da molto tempo. Costruiscono la loro vita piena di amore e di cura l’uno per l’altra. Hanno 4 figli, due maschi e due femmine. Nonostante le povere condizioni di vita, sono molto felici. Rimangono in Pakistan diversi anni, solo per proteggersi dalle possibili ritorsioni della famiglia di lei.

Ne passano 14. I due sposi pensano che ormai la famiglia di Rukhshana li avrà dimenticati o perdonati. Così decidono di rientrare in patria.

Purtroppo si sbagliano. Solo una settimana dopo il loro arrivo a Kabul, il marito di Rukhshana viene ucciso dal fratello della donna.

Rukhshana è distrutta da questa tragedia. Ha perso l’uomo che ha tanto amato e si ritrova sola con quattro figli da mantenere e nessun mezzo per farlo. È analfabeta, senza istruzione né capacità di lavorare. Una vedova in Afghanistan non esiste, non ha diritti, né possibilità di decidere. È costretta a vivere con la famiglia del marito, e a sottostare ad ogni loro richiesta. Così fa Rukhshana, vive sotto tutela del cognato. Sta, adesso, con i suoi figli, in una stanza che lui le paga, ed è costretta ad obbedire a tutte le decisioni che il cognato prende per lei e per i suoi figli. Le figlie non hanno il permesso di studiare e sono confinate in casa. Solo il maschio più grande, di 13 anni va a scuola e il resto della giornata lavora. Porta dei carichi di spazzatura fuori dalla città e questo gli permette di avere un piccolo guadagno. Rukhshana, come vedova, secondo le idee della famiglia, non può lavorare. Se prova a cercare lavoro la picchiano e la insultano. È prigioniera.

È molto angosciata e pensa di non riuscire ad andare avanti con una vita così miserabile, senza dignità, né rispetto, né futuro per lei e per i suoi figli. È dipendente in tutto dai parenti del marito. La sua vita e quella dei suoi figli sono nelle loro mani. Deve obbedire a qualsiasi ordine.

“Non desidero altro che uscire un giorno da questa situazione in cui sono imprigionata. Vorrei poter decidere per me e per i miei figli, poterli mantenere e soprattutto mandarli tutti a scuola perché non siano senz’armi, né possibilità in questa difficile vita. La sola ragione per la quale ho bisogno di aiuto è quella di salvare i miei figli da questa vita miserabile e poterli aiutare a diventare degli esseri umani fieri di se stessi come il loro padre ha sempre sognato” – dice Rukhshana. Rompere la dipendenza economica è il primo, fondamentale, passo.

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Una storia del progetto Vite preziose.

La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.

Un ospedale in guerra

Il conflitto senza fine in Afghanistan visto dalle corsie dell’ospedale di Emergency a Kabul, un documentario dalla parte delle vittime civili e di chi prova ad aiutarle.

Un documentario di Nico Piro, Italia 2020
Durata: 45 minuti circa
2020 © Tutti i diritti riservati
I diritti di sfruttamento economico dell’opera sono stati devoluti dall’autore al Progetto Afghanistan di Emergency

CREDITS

Scritto, girato e prodotto da Nico Piro
 

Montaggio: Martina Rafanelli

Musiche composte e prodotte da Virginia Guastella

Supervisione musicale: Giovanni Guardi

Grafica: Giuseppe Formica

Color Grading: Crescenzo Mazza

Voce Narrante: Nico Piro

Voci:

Pierfelice Bernacchi (Dejar)

Tiziana Avarista (Leila)

Paola Favaro (Meena)

Paola Favaro (Monika)

Pietro Plastina (Jamshid)

Alessandro Quarta (Said Faqir)

Empowerment femminile in situazioni di conflitto: il caso dell’Afghanistan

Tesi di Laurea di Martina Pederzoli a.a. 2019/2020

Corso di Laurea in Scienze Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, Facoltà di Scienze Politiche e Sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

La Tesi esamina il ruolo che la donna assume in contesti dominati da conflitti e i processi di empowerment femminile e come tale ruolo si può sviluppare.
Dopo una parte che analizza il concetto di empowerment femminile e di differenza di genere, fornendo le definizioni principali normalmente attribuite a questi termini viene preso in considerazione l’Afghanistan anche perché si è osservato come gli eventi che hanno avuto luogo durante il conflitto e gli attori che vi hanno partecipato abbiano influenzato lo status delle donne in Afghanistan.
La terza parte della ricerca riguarda un caso di studio preso in considerazione ossia sull’intervento della Onlus Coordinamento Italiano Donne Afghane (CISDA) che, in collaborazione con un’associazione afghana, ha promosso in Afghanistan. Il progetto “Assistenza legale per donne vittime di violenza ed empowerment delle comunità locali – Centro Legale di Mazar-i-Sharif” riguarda la creazione di un centro legale presso la città di Mazar-i-Sharif a favore delle donne che hanno subito violenze, maltrattamenti o abusi.

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Diventare uomini nella migrazione. Il viaggio di giovani uomini afghani verso l’Italia

Tesi di Laurea di Camilla Barbisan a.a. 2019/2020

Corso di Laurea magistrale In Lavoro, Cittadinanza Sociale, Interculturalità. Università Ca’ Foscari Venezia

L’elaborato, si occupa di analizzare i percorsi migratori di giovani migranti afghani maschi, che partendo dall’Afghanistan e arrivando fino in Europa, e in Italia in particolare, compiendo un lungo viaggio a tappe, principalmente a piedi, spesso caratterizzato da sofferenze e difficoltà.

L’attenzione della Tesi è dedicata interamente al genere maschile, in primo luogo perché le migrazioni dall’Afghanistan sono prettamente maschili, in secondo luogo perché nelle ricerche sociologiche che trattano dei migranti fuori dalla propria patria, si tende ad analizzare la loro permanenza quasi esclusivamente in termini lavorativi, tralasciando le altre motivazioni connesse alla scelta di partire, le biografie dei singoli, le difficoltà riscontrate, i sentimenti e le emozioni provate.

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