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Ricordando Cristina

Pubblicazione: 18 Ottobre 2020

Triste no. Non è una giornata triste. Questo Cristina non ce lo avrebbe mai perdonato. Ce ne avrebbe dette di tutti i colori.
La commozione c’è, quella sì, va su e giù insieme alle parole di tutti, ai pensieri, alle note della musica. Sotto gli archi, sui prati, sotto gli alberi di Rocca Brivio camminano, con le sue sorelle, Edoardo, i nipoti, tutte noi del Cisda, affaccendate insieme, le compagne e i compagni di una vita intera, una vita di battaglie e di legami forti costruiti sul campo. Sullo schermo scorrono le sue foto, si fermano in tanti a guardarle, catturati dal suo speciale sorriso, che tutti ci portiamo dietro. Cris, nelle diverse parti del mondo nelle quali ha reso concreti i suoi progetti, i suoi sogni, le giovani idee che nascevano nella mente di chi le stava accanto.

Le foto si muovono sulla melodia, composta per noi del Cisda, da un amico afghano, figlio di una grande donna, militante di Rawa, una delle prime che abbiamo conosciuto. Questo giovane musicista è stato un bambino pestifero. Da piccino, ha sfidato Cristina, con selvagge provocazioni che hanno devastato la sua preziosissima casa. Forse le sue dita sul pianoforte cercano di farsi perdonare le ditate di nutella sul divano bianco…

In tanti hanno scritto, testimoniato la loro amicizia per Cris. Le loro parole sventolano nei fogli appesi ad un filo rosso, come bandiere. I tibetani fanno lo stesso, perché il vento porti in giro e diffonda quello che c’è scritto.

Siamo stati fortunati, niente divieti covid e un dolce sole autunnale che scalda la luce del pomeriggio.

Le note del flauto, così simili alla voce umana, si mischiano al profumo del tè allo zafferano, alla maniera di Herat.

In mezzo alle parole al microfono, alle storie, ai ricordi, è sempre presente la sua ironia, la gioia, la risata, che scappavano fuori anche dai momenti più difficili e disfacevano la paura.

Ci sono tutti a portare qualcosa. Le compagne curde, turche, italiane. A Kabul, nel paese che regnava incontrastato nel suo cuore, l’hanno ricordata in tanti, con affetto, stima e parole di lotta: Selay Gaffar, Hambastagi, il partito della solidarietà, l’orfanotrofio di Afceco, con la commozione appena visibile di tutte le bimbe, piccole e grandi, schierate.

Nelle battaglie politiche non è mai mancato l’amore, la cura delle piccole cose, la solidarietà profonda. Era questo il suo modo. Per noi tutte e soprattutto per Cristina, gli amici afghani sono parte della nostra famiglia.

La travolgente musica dei Luf, ci porta con sé, trasformando la malinconia. Balliamo anche, difficile farne a meno. Poi, arriva “Bella Ciao” e la canzone scritta per Malalai Joya, Kabul. Cantate per lei, sarebbe stata contenta. E la commozione ritorna.

Cristina ci lascia un intreccio di persone, diverse, unite, ognuna col suo percorso. Un disegno che tutto intero si vede a fatica, a volte bizzarro o sorprendente. Fatto di donne e uomini che ci sono. È stato bello riconoscersi in questo pomeriggio dorato di sabato. Il cammino è sempre lì, aspetta.

Qui con noi, in questa giornata, Cristina si sarebbe trovata a suo agio. Di questo sono sicura.

Una giovane ragazza, di nome Sahar, che vive a Bamyan, in Afghanistan, penserà a Cristina ogni giorno, mentre andrà all’Università, con i libri sottobraccio, a studiare legge per difendere le donne del suo paese. È la borsa di studio ‘Cristina Cattafesta’ che noi, amiche del Cisda, abbiamo istituito per lei. Perché rimanga un filo concreto, di trasformazione quotidiana, tra lei e l’Afghanistan, nel procedere della vita di questa futura avvocata. Dura quattro anni, e tutti possiamo contribuire. Già in questa giornata abbiamo raccolto un bel gruzzolo e speriamo di vederlo aumentare presto.

 

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