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Autore: Patrizia Fabbri

CISDA: la nuova vita clandestina delle combattenti afghane per la libertà

Rosalba Reggio de Il Sole24ore intervista Gabriella Gagliardo, presidente di CISDA, Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane Onlus.

E’ una realtà difficile quella che le donne afghane stanno affrontando nel loro Paese, a causa del ritiro definitivo delle forze armate americane. Il nuovo regime talebano sta facendo tornare la popolazione indietro nel tempo, cancellando i limitati diritti guadagnati faticosamente nel tempo. Le donne che si sono più esposte per la libertà rischiano la vita e vivono in clandestinità, mantenendo aperti i canali di comunicazione con le reti di aiuto ed esortando le studentesse a studiare per non perdere l’occasione di un futuro migliore.

Radio Popolare – Intervista a Cristiana Cella e Gabriella Gagliardo – CISDA

Un Afghanistan che non si conosce ma che continua a tener vivo un pezzo fondamentale della società civile afghana: è quello delle organizzazioni laiche e progressiste guidate da donne. Ne parliamo con Cristiana Cella e Gabriella Gagliardo, attiviste di CISDA, che ci presentano anche la Staffetta Femminista Italia – Afghanistan.

(dal minuto 6:10)

Ascolta il podcast

Intervento di Malali Joya all’evento Voices for Peace

Cari amici, l’Afghanistan è in un momento molto critico. Da un lato, la pandemia di Covid_19 sta duramente influenzando la vita del nostro popolo, ma dall’altro, dopo due decenni di guerra, distruzione e massacro di centinaia di migliaia di civili afgani, l’amministrazione statunitense ha firmato un “accordo di pace” con i talebani. La “pace” di cui parla la Casa Bianca è solo un grande inganno nei confronti del pubblico americano e della gente del mondo.
Questa guerra brutale è lungi dall’essere finita, perché un sinistro accordo con un selvaggio gruppo terrorista armato e sostenuto da agenzie di intelligence straniere non porterà mai la pace.
Sono fermamente convinta che la pace senza giustizia non abbia senso. Cari amici, tutti voi avete sentito l’annuncio di Joe Biden sul ritiro delle truppe dall’Afghanistan entro settembre. Spero che gli occupanti lascino l’Afghanistan il più presto possibile. Ho chiesto ripetutamente che gli occupanti stranieri lascino il nostro paese.
Nessuna nazione può dare la liberazione a un’altra nazione. Negli ultimi 20 anni, gli Stati Uniti hanno ucciso circa un milione di afgani, direttamente o indirettamente. Hanno sganciato la madre di tutte le bombe, usato bombe a grappolo e fosforo bianco, creato una mafia e corrotto l’economia. Tutto questo ha inquinato il nostro ambiente e reso il paese la capitale mondiale della droga.
Purtroppo la NATO ha seguito le orme degli USA. Se USA e NATO lasciano l’Afghanistan, la spina dorsale di tutti i terroristi Jihadi, dei Talebani e dell’ISIS si romperà.
Mi auguro che, quando se ne andranno, portino via con loro tutti i terroristi. Non c’è dubbio che a breve termine, il ritiro degli occupanti stranieri può portare ad alcuni problemi di sicurezza ed economici ma nel lungo periodo è nell’interesse del nostro popolo che se ne vadano. L’assenza dei militari statunitensi significherà che l’Afghanistan non sarà considerato una minaccia per i paesi della regione come Cina, Iran, Pakistan, India e Russia e impedirà loro di intromettersi nei nostri affari interni, poiché ognuno di questi paesi ha i suoi burattini in Afghanistan per tutelare i propri interessi strategici.
L’attuale corsa agli armamenti tra le grandi potenze e le loro guerre per procura in Siria, Iraq, Palestina, Yemen, Ucraina, Sudan, Libia ecc. scatena il pericolo di una terza guerra mondiale che avrà catastrofi inimmaginabili per la Terra.
Le grandi potenze guidate dal pentagono stanno investendo su gruppi terroristici e medievali come i talebani, l’ISIS, Al Qaeda, Abu Sayyaf, Boko Haram ecc. per portare avanti i loro interessi strategici; ma i loro atti di terrore non si limitano alla povera gente delle nazioni citate ma si espandono alle città dei paesi occidentali, come abbiamo assistito a molti atti vili nelle città europee negli ultimi anni.
Fermare la guerra selvaggia e le brutalità e stabilire una pace duratura è la responsabilità morale di ogni cittadino consapevole del mondo.
Quindi è il momento di lavorare per un nuovo e migliore mondo di giustizia. Vogliamo che tutti i paesi occupanti si ritirino dall’Afghanistan, ma la sofferenza del popolo afgano ha ancora bisogno della solidarietà di movimenti, individui, partiti e attivisti di tutto il mondo che amano la giustizia e sono progressisti. Lunga vita alla libertà, alla democrazia, alla solidarietà internazionale, alla pace e alla giustizia sociale.

Per vedere l’intera sessione di Voices for Peace clicca qui

 

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Afghanistan: aiutiamo chi scappa, ma anche chi resta

Cisda: “La vera emergenza afgana è la questione democratica”
La famiglia di Sahar, con due bambini, sta attraversando oggi la porosa frontiera col Pakistan. Per cercare scampo dai talebani e superare il confine afghano, ogni persona ha pagato ai trafficanti 12000 rupie pachistane, mentre il viaggio normalmente ne costerebbe 2000.
Il prezzo è in continuo aumento, la domanda in crescita. Quindi, anche questa volta, fugge solo chi può pagare.
Con questa famiglia, di cui noi del Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) abbiamo notizia certa, ci sono molti altri afghani.
Affrontano lunghi tragitti a piedi ed enormi pericoli, senza che la loro sorte sia sotto i riflettori.
Dall’aeroporto di Kabul, intanto, sono già partiti diciottomila cittadini. Un’intera generazione di intellettuali e professionisti che prende letteralmente il volo verso l’Occidente.
È comprensibile che chi può fugga. Il terrore delle perquisizioni nelle case, l’incubo per le ragazze di finire in “sposa” a un combattente, le violenze e le vendette che accompagnano la presa del potere specie nelle aree rurali e remote senza testimoni, sono una tragedia innegabile che sta provocando soprattutto ulteriori rifugiati interni.
Questi erano, secondo dati ONU, già due milioni a causa degli ultimi 20 anni di guerra, per sfuggire ai bombardamenti e agli scontri di cui la Nato è stata tra i protagonisti.
Il riconoscimento dello status di rifugiato e il diritto d’asilo a chi è in pericolo sono sacrosanti e vanno applicati, secondo la Convenzione di Ginevra.
Ma trasferire in massa decine di migliaia di afgani, in Occidente o nei paesi limitrofi, non rappresenta una soluzione politica alla crisi del paese di cui siamo corresponsabili.
Un Afghanistan privato dei suoi elementi più colti, di chi sarebbe in grado di rafforzare l’alternativa democratica, sarà più facilmente asservibile agli interessi geopolitici che da sempre sono alla base delle continue interferenze nel paese.
In questo gli interessi dei talebani e di potenze straniere sono convergenti, e non è una bella notizia. Una convergenza intorno alla vera emergenza afghana: la questione politica e democratica.

CISDA risponde all’articolo di Giuliano Battiston del 4 maggio su “il manifesto”

Lettera inviata al “il manifesto” il 7 maggio 2019

Cari compagni del “il manifesto”,

abbiamo letto il pezzo di Giuliano Battiston del 4 maggio nel quale si parla della Loya Jirga a Kabul e siamo in totale dissenso. A partire dalla foto, che vede una platea di donne plaudenti.

Diciotto anni fa gli USA hanno occupato il paese e ne decidono ogni passo, a partire dalla scelta dei presidenti. Hanno dato armi e potere istituzionale a gruppi di criminali jihadisti che sono tutt’altro che espressione della democrazia. Hanno lasciato che i diritti delle donne e i diritti umani continuassero a essere calpestati (e basta andare a leggere i report di HRW per scoprirlo), hanno lasciato che la produzione e il traffico di eroina si alzasse fino ad arrivare al 95% della produzione mondiale. Hanno lasciato che nel paese penetrasse l’IS, che ogni giorno organizza attentati ai danni della popolazione civile. I talebani, quelli che gli USA hanno usato come pretesto per invadere un paese fondamentale dal punto di vista geostrategico e delle risorse, ora sono stati tolti dalla lista delle organizzazioni terroriste e sono coloro con cui si cerca di trattare in cambio di concessioni che andranno a peggiorare ulteriormente la condizione delle donne e della popolazione civile. Come si fa a credere che un gruppo di terroristi che, come l’IS, non fa che organizzare attentati per affermare la sua supremazia, che lapida le donne nella pubblica piazza per adulterio, che impedisce alle ragazze di frequentare la scuola possa avere “punti comuni” con un sistema democratico?

RAWA, l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane, in un recente comunicato scrive che “il popolo afghano vuole la pace con tutte le sue forze, ma fare pace con i talebani, che così avranno più potere e privilegi di prima, significa tornare nell’inferno che la nostra gente ha vissuto durante il loro regime. Questa “pace” metterà solo le basi per nuove guerre, più devastanti e distruttive”.

Dichiarazioni analoghe sono state fatte da Hambastagi (il Partito della Solidarietà afghano), da Malalai Joya (ex deputata ancora in clandestinità per le minacce ricevute) e da Bilquis Roshan (senatrice nel parlamento afghano).

Se gli USA e la coalizione internazionale che li ha sostenuti avessero davvero voluto portare pace in Afghanistan avrebbero speso i miliardi di dollari che sono stati bruciati in questa vicenda per sostenere le forze laiche e democratiche del paese, invece di cercare alleanze con un pugno di criminali di guerra.

Il CISDA è un’associazione che lavora dal 1999 a fianco di diverse organizzazioni democratiche che lavorano in Afghanistan, sostenendo i loro progetti politici e sociali; abbiamo costanti contatti con loro e almeno una volta all’anno organizziamo delegazioni di persone che vogliono conoscere la situazione.

Ci auguriamo che d’ora in avanti il “manifesto” non presti il fianco a posizioni filo USA come fa il pezzo di Battiston ma ascolti e pubblichi la voce delle realtà democratiche e laiche che agiscono nel paese tra mille difficoltà.

Le compagne del CISDA