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Il messaggio di RAWA per l’incontro nazionale CISDA

Care sorelle di CISDA,

Vi inviamo i saluti dell’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan (RAWA) e ci sentiamo onorate di poter parlare con voi a distanza durante il vostro importante incontro annuale.

Sono trascorsi più di quattro anni dal crollo del governo Ghani e dal momento in cui il regime repressivo e misogino dei talebani ci è stato nuovamente imposto. In questo periodo, il popolo afghano, in particolare le donne, è stato privato dei suoi diritti umani più elementari e sottoposto a incessante oppressione, esclusione e violenza sistemica.

Anche nei momenti più bui, le donne afghane continuano a resistere, con coraggio, intelligenza e incrollabile solidarietà. Sebbene le donne afghane siano private dei loro diritti umani fondamentali, utilizzano costantemente ogni risorsa disponibile per istruirsi, alzare la voce e lottare per la giustizia e la libertà contro il governo oppressivo e criminale dei talebani. Dalle aule clandestine alle campagne di sensibilizzazione globali, le donne afghane stanno ridefinendo la loro resistenza sotto la tirannia.

Sotto il fascismo religioso talebano, l’Afghanistan è diventato un cimitero per le libertà fondamentali. Le azioni del gruppo negli ultimi quattro anni non sono solo violazioni dei diritti; sono crimini sistematici contro l’umanità.

Donne e ragazze sono state completamente cancellate dalla vita pubblica, bandite dall’istruzione secondaria e superiore, escluse dal lavoro nella maggior parte dei settori e a loro viene persino impedito l’ingresso in parchi, palestre e spazi pubblici.

Oltre a questo, i talebani hanno preso di mira giornalisti, attivisti della società civile ed ex dipendenti pubblici, minoranze etniche e religiose con detenzioni arbitrarie, torture, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali. Questi crimini sono stati documentati da organizzazioni internazionali per i diritti umani ma continuano impunemente.

Il governo dei talebani in Afghanistan ha portato a diffuse violazioni dei diritti umani, soprattutto contro le donne, le minoranze e i gruppi vulnerabili. Con le loro politiche e azioni i talebani hanno aumentato la pressione sulle minoranze etniche e religiose, portando a più discriminazione, paura e isolamento sociale.

Il regime opera attraverso la paura, la sorveglianza e il controllo ideologico, e mette a tacere il dissenso con brutalità e governando attraverso il terrore. E mentre il mondo osserva, una popolazione di quasi 40 milioni di persone è tenuta in ostaggio da un regime che non riconosce altra legge se non la propria fede violenta.

Uno degli strumenti di controllo più devastanti utilizzati dal regime talebano è stata la chiusura sistematica e la severa restrizione dell’accesso a Internet in tutto l’Afghanistan. Interrompere la connettività digitale non è solo una questione tecnica, è una strategia calcolata per isolare le persone, mettere a tacere il dissenso e sopprimere la libertà di espressione.

Per le donne afghane, che sono già state cacciate dalle scuole, dai luoghi di lavoro e dagli spazi pubblici, Internet rappresenta un’ancora di salvezza fondamentale. Offre accesso all’istruzione, all’informazione, alle reti di advocacy e alla solidarietà globale. A causa dei ripetuti blackout e della censura di Internet, i talebani stanno cercando di cancellare questi spazi digitali, rendendo quasi impossibile la resistenza e la connessione.

Questo blackout digitale rafforza la presa del potere da parte del regime, interrompendo il flusso di informazioni sia all’interno che all’esterno dell’Afghanistan. Isola attivisti, giornalisti e società civile dal mondo e priva la popolazione di notizie critiche, informazioni sanitarie e comunicazioni di emergenza.

In un’epoca in cui il mondo è più connesso che mai, le azioni dei talebani rappresentano un tentativo deliberato di riportare l’Afghanistan alla completa oscurità. Il diritto di comunicare liberamente è un diritto umano fondamentale e la sua negazione è l’ennesimo crimine contro il popolo afghano.

Dopo vent’anni di occupazione giustificati da falsi slogan come ‘libertà’ e ‘democrazia’, gli Stati Uniti hanno spudoratamente restituito il nostro Paese agli stessi terroristi misogini che affermavano di combattere.

La cosiddetta ‘Guerra al Terrore’ non ha mai riguardato la liberazione del nostro popolo. Era una guerra per il controllo, per i profitti, per il dominio. Mentre le vite degli afghani venivano distrutte e le nostre donne pagavano il prezzo più alto, gli Stati Uniti e i loro alleati se ne sono andati, lasciandosi alle spalle il caos e la tirannia.

Questo non è stato un fallimento della politica; è stato un tradimento intenzionale e un brutale promemoria per ricordarci che le potenze imperiali non portano libertà, ma distruzione, manipolazione e abbandono.

Per quanto riguarda la base aerea di Bagram, l’opinione generale è che questa volta gli Stati Uniti siano seriamente intenzionati a tornare, con l’obiettivo principale di fare pressione sull’Iran e, in caso di guerra, sostenere Israele. Tuttavia, tra i talebani esiste una divisione interna. La fazione di Kandahar, la più potente, è fortemente influenzata dall’Iran e, in misura minore, da Cina e Russia.

Il ritorno degli Stati Uniti a Bagram significherebbe di fatto la rioccupazione dell’Afghanistan. Gli afghani conservano ancora amari ricordi dei quasi due decenni di occupazione statunitense e della NATO, segnati da crimini di guerra e brutalità. Pertanto, il loro ritorno rappresenta un incubo e una cattiva notizia per il nostro popolo. Con il rientro degli Stati Uniti, nel mezzo dell’intenso confronto tra Est e Ovest in corso in Asia, gli Stati Uniti otterrebbero un importante vantaggio strategico, trasformando l’Afghanistan in una roccaforte occidentale — una cosa che non è né nell’interesse del popolo afghano né del mondo. Si tratterebbe inoltre di una minaccia diretta per Cina, Russia e Iran, ed è probabile che questi paesi si muoveranno per impedire il ritorno delle forze di occupazione.

Inoltre, nonostante il continuo record di violazioni dei diritti umani, apartheid di genere e violenta repressione da parte dei talebani, alcuni paesi e istituzioni internazionali hanno iniziato a riconoscere tacitamente o esplicitamente il regime. Gli inviti ai rappresentanti talebani a conferenze internazionali e incontri diplomatici inviano un messaggio pericoloso: il mondo è disposto a ignorare i loro crimini in cambio di opportunità politiche.

Il riconoscimento, senza che venga chiesto conto delle responsabilità, incoraggia gli oppressori e indebolisce la determinazione di coloro che lottano per la giustizia e la libertà in Afghanistan. Segnala che gli interessi politici hanno la precedenza sui diritti umani e sulla dignità.

 

Care compagne,

Invitiamo tutti i movimenti amanti della libertà, in particolare le donne e altri alleati che hanno consapevolezza politica, a considerare criticamente le conseguenze della legittimazione dei talebani. La vera pace e stabilità non possono essere raggiunte senza giustizia, uguaglianza e rispetto dei diritti fondamentali di tutti gli afghani.

In questi momenti cruciali e difficili, RAWA rimane ferma nel suo impegno a stare al fianco del popolo afghano e a garantire che la sua voce sia ascolta forte e chiara sulla scena globale.

In una situazione in cui le donne sono rinchiuse nelle loro case e viene loro negato l’accesso a tutte le istituzioni tranne le scuole religiose, RAWA lavora instancabilmente per raggiungere donne e ragazze attraverso lezioni a domicilio e garantire che continuino a ricevere istruzione ed emancipazione nonostante le restrizioni oppressive.

Con le nostre iniziative sociali, tra cui team sanitari mobili, centri educativi e distribuzione di forniture essenziali, vogliamo mantenere stretti contatti con la gente comune. Attraverso la documentazione e la diffusione di rapporti sulla violenza, la povertà e i disastri naturali, diamo una voce potente alle comunità sofferenti che serviamo.

Desideriamo esprimere la nostra sincera gratitudine a CISDA per il suo incrollabile sostegno nel corso degli anni. Il vostro fermo impegno e la vostra solidarietà sono stati per noi un pilastro di forza mentre continuiamo la lotta per i diritti, la dignità e l’emancipazione delle donne afghane. In questi tempi difficili, avere alleati come CISDA che è saldamente al nostro fianco, ci dà speranza e coraggio per andare avanti. Insieme crediamo che il cambiamento sia possibile e che le voci delle donne afghane non verranno messe a tacere.

Ovunque ci sia oppressione, c’è resistenza. Combatteremo fino alla fine per liberarci dalle grinfie del fascismo religioso.

Lunga vita alla solidarietà di tutte le persone amanti della libertà in tutto il mondo!

Associazione rivoluzionaria delle donne afghane (RAWA)

Incontro nazionale CISDA. Viareggio, 17-19 ottobre

Si è svolto dal 17 al 19 ottobre a Viareggio l’Incontro Nazionale del CISDA. Un momento di confronto che, ogni anno, vede riunite le attiviste del CISDA per analizzare le attività svolte nell’anno passato e per delineare strategie e attività che dovranno caratterizzare l’Associazione nel 2026.

Il sostegno diretto alle donne afghane

Positiva la chiusura del 2025 con il finanziamento di progetti realizzati dalle associazioni di donne afghane che lavorano sul territorio e con le quali CISDA collabora fin dalla sua nascita: educational center, scuole clandestine, Giallo fiducia, corsi di taglio/cucito e alfabetizzazione, piccolo shelter, Vite preziose, Mobile Healt Unit.

Inoltre grazie ai propri carissimi donatori, Cisda ha sostenuto la popolazione afghana colpita in questi ultimi anni da una serie di calamità: servizi sanitari essenziali a donne e bambini che vivono in una baraccopoli auto costruita da rifugiati interni non lontano da Kabul, emarginati e abbandonati dalle autorità di fatto; aiuti nei villaggi della provincia di Nangarhar, Dasht-e-Barchi; aiuti per l’alluvione nella provincia di Baghlan; visita nel Dar-e-Noor dove le donne hanno un peso centrale per il sostentamento della famiglia e dall’alba al tramonto, lavorano nei campi, si prendono cura del bestiame, preparano il foraggio e gestiscono le faccende domestiche, oltre a crescere i figli; aiuti ai deportati da Iran e Pakistan ad Herat – Islam Qala Border; aiuti alle vittime del terremoto nella parte est dell’Afghanistan.

Le attività in Italia

Intensa l’attività di CISDA in Italia per raccogliere contributi a sostegno delle donne afghane, per mantenere accesi i riflettori sulla situazione in Afghanistan e per contrastare ogni relazione con i talebani e i tentativi, più o meno striscianti, del governo de facto.

Uno dei pilastri delle attività di CISDA nel 2025 sono state la Campagna Stop Apartheid di genere Stop fondamentalismi e la raccolta di firme per la petizione lanciata con la Campagna. Questa attività ha consentito all’Associazione di ampliare il proprio bacino di relazioni con partiti e personaggi politici, importante per la maggiore visibilità che si è riusciti a dare alla situazione delle donne in Afghanistan anche attraverso canali ai quali fino ad oggi CISDA aveva un accesso limitato. Sfruttando anche la presentazione della Campagna, da ottobre 2024 a oggi, sono stati realizzati quasi 80 eventi distribuiti su tutto il territorio.

Elevata anche l’attività del Gruppo Scuola realizzando incontri con le scuole durante i quali è stata approfondita la condizione delle donne in Afghanistan con la proiezione, in alcune realtà, del film What we fight for con la partecipazione delle registe e di attiviste afghane e iraniane. Complessivamente sono stati coinvolti circa 400 studenti.

Per quanto riguarda la Comunicazione, il continuo aggiornamento del sito Cisda e di Osservatorio Afghanistan, la diffusione di post su Facebook e Instagram e l’invio della Newsletter hanno consentito di mantenere attiva l’attenzione sull’Afghanistan nella comunità di amici e sostenitori di CISDA. È stato inoltre realizzato l’aggiornamento del Dossier I diritti negati delle donne afghane che verrà diffuso a partire dal 1° novembre.

Strategia e attività future

L’impegno principale di CISDA rimane quello che raccogliere fondi per finanziare i progetti delle organizzazioni afghane che sosteniamo che si affianca a quello di mantenere viva l’attenzione sulla condizione delle donne afghane e, più in generale, del popolo afghano.

Per fare questo continuerà a essere attiva la Campagna Stop apartheid di genere Stop fondamentalismi che rappresenterà la piattaforma sulla quale si innesteranno le diverse attività.

Il CISDA continuerà a mantenere e sviluppare le relazioni con le associazioni della Coalizione euro-afghana per la democrazia e la laicità e, nel contempo, conscio della necessità di ampliare il bacino cui presentare le proprie iniziative, cercherà di estendere il confronto anche ad altre realtà che si occupano di sostegno alla popolazione dell’Afghanistan. Si cercherà di consolidare la relazione instaurata con il Tribunale Permanente dei Popoli e si seguirà il processo di definizione del crimine di apartheid di genere presso l’ONU e la Corte Penale Internazionale.

Pur nell’autonomia comunicativa che deve essere necessariamente il più adatta possibile all’utenza italiana, rimarrà prioritario il confronto con le associazioni afghane che rimangono il riferimento politico del CISDA.

Tra gli strumenti che potranno essere utilizzati nei prossimi mesi si ricorda che a partire dalla fine di ottobre saranno disponibili il libro Attraversare la notte. Racconti di donne dall’Afghanistan dei talebani di Cristiana Cella e il Dossier 2025 Diritti negati delle donne afghane.

L’incontro con Belqis

L’Incontro nazionale CISDA si è svolto nella sede della Casa delle donne di Viareggio che ci ha gentilmente ospitato e nel tardo pomeriggio di sabato le porte si sono aperte per il collegamento con Belqis Roshan, ex parlamentare afghana costretta a rifugiarsi in Germania dopo l’arrivo dei talebani.

La politica afghana ha raccontato, a una platea attenta e in alcuni momenti commossa, la condizione sempre più precaria nella quale sono costrette a vivere le donne in Afghanistan. Ha inoltre spiegato come adesso le attenzioni repressive dei talebani si stiano rivolgendo anche agli uomini con imposizioni sempre più stringenti sull’abbigliamento, la lunghezza della barba o la frequenza in moschea. Belqis ha poi portato l’attenzione su un altro aspetto che sta diventando sempre più inquietante e che riguarda l’aumento della repressione e della violenza all’interno delle famiglie: che sia per paura delle ritorsioni dei talebani se il controllo sulle donne di casa non è sufficientemente “efficiente” che sia per l’impunità garantita negli atti di volenza nei confronti delle donne, la vita sta spesso diventando un inferno per le donne anche dentro casa.

In questo quadro terrificante, Belqis ha voluto anche lanciare un messaggio di speranza ricordando la resilienza delle donne che, nonostante queste condizioni, cercano comunque di istruirsi, incontrarsi e mettere in atto piccole azioni di resistenza quotidiana. Ci ha infine esortato a continuare a sostenere le donne e la popolazione afghane mantenendo viva l’attenzione e mettendo in atto tutte le azioni possibili affinché non avvenga il riconoscimento del governo de facto dei talebani.

Incontro a Roma Stop Apartheid di genere

Lunedì 13 ottobre a Roma presso Spazio Europa – gestito dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia – in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità e l’Ufficio Politiche Diritti LGBT+ di Roma Capitale, il Cisda ha organizzato l’incontro “Stop Apartheid di genere”, con il contributo dell’associazione Costituente Terra e con la partecipazione di Michela Cicculli, Marilena Grassadonia, Laura Guercio e Luigi Ferrajoli.

In collegamento un’attivista afghana, che ha descritto la situazione di completo isolamento e annullamento che le donne afghane sono costrette a vivere nel loro paese.

Interessata anche la partecipazione del pubblico, che ha potuto porre questioni e fare proposte sul tema.

Ringraziamo le Istituzioni di Roma Capitale per il loro contributo e gli esperti intervenuti.

Il CISDA continua la propria azione di denuncia affinché gli organismi internazionali preposti riconoscano il reato di Apartheid di genere come crimine contro l’umanità.

Comunicato – Afghani deportati in Iran: non dimentichiamoli

Una delle associazioni afghane più accreditate nelle attività di soccorso umanitario, che CISDA sostiene da più di 20 anni, si è attivata per portare aiuto ai migranti afghani deportati forzatamente dall’Iran ed espulsi senza alcun giusto processo o considerazione umanitaria (vedi il nostro appello). Pubblichiamo una sintesi del Report della Missione Sanitaria Mobile che, per motivi di sicurezza, non può essere divulgato integralmente.

Il report evidenzia che la situazione al confine del Paese permane critica per il caldo estremo, la mancanza di acqua e riparo e l’assenza di servizi sanitari di base che creano alti rischi di epidemie di malattie infettive, malnutrizione e decessi.

Molti deportati erano originariamente fuggiti dall’Afghanistan a causa del crollo del precedente governo, del timore della persecuzione dei talebani o di gravi difficoltà economiche. Ora sono stati costretti a tornare senza nulla, spesso solo un cambio di vestiti e con il morale a pezzi.

Ripristinare dignità e speranza

Il Team Sanitario Mobile attivato era composto da 2 Medici (uomo e donna), 2 Infermieri (uomo e donna), 1 Ostetrica, 1 Consulente Nutrizionale e ha Fornito Servizi per 10 giorni a Islam Qala, e ha raggiunto 1.810 Persone: 685 Donne (≈%37,9), 675 Bambini (≈%37,3) e 450 Uomini (≈%24,9).

I servizi hanno incluso visite generali, trattamento di malattie comuni (diarrea, infezioni respiratorie, colpo di calore, problemi della pelle, ipertensione), consulenza per le donne (igiene mestruale, pianificazione familiare, anemia), visite pediatriche e sensibilizzazione nutrizionale. 17 pazienti (≈%0,9) sono state indirizzate all’Ospedale Pubblico Di Herat.

I generi di supporto sono stati così distribuiti:
• 298 donne hanno ricevuto kit igienici.
• 356 donne e bambini hanno ricevuto abiti (prodotti dai corsi di sartoria).
• 100 famiglie hanno ricevuto pacchi alimentari.

Questo intervento non solo ha ridotto malattie e sofferenze, ma ha anche contribuito a ripristinare dignità e speranza per le famiglie in crisi.

Le voci della sofferenza: alcune testimonianze

Shabnam – Una madre sull’orlo della disperazione
Shabnam, una madre di 25 anni, teneva in braccio il suo bambino febbricitante sotto il sole cocente. Ha detto: “Per due notti abbiamo dormito al confine. Niente medicine, niente dottori. Pensavo di perdere mio figlio.” Dopo aver ricevuto le cure, la febbre del bambino si è abbassata nel giro di poche ore. Con le lacrime agli occhi, Shabnam ha sussurrato: “Non dimenticherò mai che avete salvato la vita del mio bambino. Oggi, per la prima volta, sento di nuovo la speranza.”

Freshta – Una donna che lotta per la vita
Freshta, 30 anni, è entrata barcollando nella tenda, debole e pallida. Aveva avuto un aborto spontaneo e sanguinava copiosamente. Tremando ha detto:
“Pensavo che nessuno mi avrebbe aiutato qui. In Iran mi è stata negata l’assistenza ospedaliera. Temevo di morire.” La nostra ostetrica le ha immediatamente prestato le cure d’urgenza, ha stabilizzato le sue condizioni e l’ha indirizzata all’ospedale. Tenendo la mano dell’ostetrica, Freshta ha gridato: “Mi hai salvato. Mi hai trattato come un essere umano, non come un peso.”

Milad – Un bambino che voleva tornare a giocare
Milad, di dieci anni, è entrato con il braccio fasciato in modo rozzo. Suo padre ha spiegato:
“È caduto da un camion mentre tornava. Si è rotto il braccio, ma non avevamo soldi per un medico. Ha pianto tutta la notte per il dolore.” La nostra équipe ha stabilizzato il braccio di Milad e lo ha indirizzato a ulteriori cure. Mentre se ne andava, Milad ha sorriso e ha chiesto: “Ora non fa più così male. Pensi che possa tornare a giocare a calcio?” Quel piccolo sorriso è stata la più grande ricompensa per la nostra squadra.

Non dimentichiamoli

Le condizioni dei rifugiati deportati rimangono disastrose. I rifugiati sono entrati in Afghanistan con paura e spirito distrutto. Molti hanno riferito che i loro familiari sono stati arrestati dai talebani subito dopo l’arrivo e che i loro corpi sono stati successivamente restituiti privi di vita. Alcune famiglie non hanno informazioni sui loro cari.

Un tragico incidente stradale ha causato inoltre quasi 100 vittime accrescendo ulteriormente dolore e shock. Famiglie rimaste senza casa, senza reddito, costrette a lasciare l’Iran con nient’altro che un singolo cambio di vestiti.

L’Associazione conclude: “In mezzo a queste enormi difficoltà, con il supporto dei nostri fedeli partner – Frontline Women, CISDA e i sostenitori giapponesi – siamo riusciti ad alleviare in parte la sofferenza di molte persone e famiglie. Questo è stato incoraggiante e significativo per il team di assistenza.
Speriamo di mobilitare un maggiore supporto nel prossimo inverno e di garantire che queste famiglie non vengano dimenticate”.

CISDA ringrazia tutti coloro che hanno inviato e vogliono inviare fondi per sostenere le attività delle Associazioni in favore della popolazione afghana.

Appello. Il CISDA al fianco delle famiglie del Kunar

Nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre il terremoto è tornato a colpire l’Afghanistan nel territorio al confine con il Pakistan. Secondo l’ONU sono 6,8 milioni le persone che vivono nelle province colpite, tra cui 263.000 i bambini; i morti sono oltre 2205 e più di 3640 i feriti.
Le associazioni di donne afghane che il CISDA sostiene si sono immediatamente mobilitate per portare soccorso. Ci hanno rivolto un appello per chiedere il nostro sostegno.

APPELLO

Come saprete, un terremoto ha distrutto molti villaggi nelle province di Kunar e Nangarhar. Come al solito, vogliamo inviare le nostre squadre per aiutare le persone nelle zone colpite e perciò chiediamo fondi di emergenza per sostenere la popolazione.

La situazione attuale in Afghanistan è estremamente dolorosa e preoccupante. Le tragedie si susseguono, rendono la nostra gente ogni giorno più vulnerabile e riducono la loro speranza di vita.

Il terremoto nella provincia di Kunar ha causato la morte di migliaia di persone innocenti e ne ha lasciate molte altre ferite e senza casa. In molti sono ancora intrappolati sotto le macerie, bambini hanno perso la vita e donne rimangono bloccate sotto le rovine. Intere famiglie sono rimaste senza accesso a cibo, acqua e servizi medici.

Si tratta di una zona montuosa e difficile da raggiungere, il che rende estremamente problematica la distribuzione degli aiuti. La situazione è così critica che ogni ora di ritardo potrebbe significare la perdita di altre vite. Alcune persone hanno perso intere famiglie e non hanno ancora ricevuto alcun aiuto.

Hakeem Gul, uno dei sopravvissuti, ha dichiarato: “Desidero solamente morire perché ho perso tutta la mia famiglia e sono rimasto completamente solo. Non c’è nessuno che mi aiuti a seppellire i corpi dei miei cari”.

Il nostro team è attualmente sul campo e rileva una grave carenza di medicinali e beni di prima necessità, cibo e acqua potabile.

I bambini hanno urgente bisogno di pacchi alimentari e le donne hanno un disperato bisogno di kit igienici. Purtroppo, la mancanza di strutture mediche e farmaci ha già causato la morte di donne e bambini e, senza un’assistenza immediata, il numero delle vittime è destinato ad aumentare.

Anche la grave carenza di medici donne rappresenta una sfida importante, poiché i talebani non permettono ai medici uomini di curare le donne. Queste restrizioni hanno peggiorato ulteriormente la situazione, rendendo le condizioni di sopravvivenza a Kunar davvero orribili e inimmaginabili.

Uno dei nostri medici ha raccontato di come, una volta arrivati ​​nella zona, abbiano incontrato una donna che aveva visto morire i suoi quattro figli. Era in uno stato di shock così profondo da aver perso la ragione. L’assenza di personale medico femminile e le restrizioni imposte dai talebani, che impedivano ai medici uomini di assisterla, hanno peggiorato ulteriormente la situazione. Fortunatamente, appena raggiunta la zona, la nostra équipe è riuscita a somministrarle un sedativo per calmarla e alleviare la sua sofferenza.

Un altro caso riguarda una donna semisepolta sotto le macerie. I talebani insistevano sul fatto che “toccare una donna non-mahram è peccato” e che avrebbe dovuto uscire da sola, nonostante avesse entrambe le gambe rotte. Ma il nostro team è riuscito a salvarla e a trasferirla in ospedale.

Il nostro ginecologo ci ha riferito che diverse donne incinte avevano subito gravi emorragie, ma le strutture disponibili per curarle sono estremamente limitate, così abbiamo potuto fornire loro solo un soccorso di base e un minimo di supporto psicologico. Purtroppo, una delle donne è morta davanti ai nostri occhi per l’emorragia troppo estesa. È stato uno dei momenti più devastanti e strazianti per la nostra équipe, soprattutto per il medico curante, consapevole che con risorse minime quella vita avrebbe potuto essere salvata.

Le strade sono bloccate e ciò rende molto difficile raggiungere gli ospedali. La debole connessione di rete e la mancanza di una comunicazione adeguata con il team hanno ulteriormente rallentato la raccolta di resoconti accurati. Ciononostante continueremo a impegnarci per raccogliere altre storie e testimonianze, soprattutto sulla sofferenza delle donne, e condividerle con voi.

Il peso psicologico sul nostro team è stato immenso. Molti di loro erano in lacrime mentre raccontavano questi episodi. Abbiamo fatto del nostro meglio per sostenerli emotivamente e alleviare il peso di queste esperienze dolorose.

In questi giorni strazianti, con il cuore pesante, vi chiediamo sinceramente di starci accanto come avete fatto in passato, affinché insieme possiamo soddisfare almeno una piccola parte dei bisogni urgenti della popolazione sofferente di Kunar e curare anche solo con una piccola benda le loro profonde ferite.

Ogni vostro contributo può salvare una vita proprio in questo momento. Vi preghiamo, come sempre, di stare al fianco della popolazione sofferente dell’Afghanistan.

Ancora una volta, apprezziamo profondamente la vostra preoccupazione e solidarietà. Ci auguriamo vivamente che, attraverso una cooperazione continua, possiamo contribuire ad alleviare, anche di poco, la sofferenza di donne e bambini così vulnerabili.
In molti stanno chiedendo contributi. Anche i Talebani hanno chiesto il sostegno internazionale.

Per essere certi che i soldi arrivino nelle mani delle associazioni realmente vicine alla popolazione e siano utilizzati per sostenere i bisogni di donne, uomini e bambini vi invitiamo a donare a COORDINAMENTO ITALIANO SOSTEGNO DONNE AFGHANE ETS (C.I.S.D.A)

IT74Y0501801600000011136660 indicando “TERREMOTO” nella causale. Grazie

Comunicato di RAWA nel quarto anniversario dell’Emirato talebano medievale a Kabul

Affiliamo il pugnale della lotta contro la piaga talebana-jihadista e i suoi padroni americani!

Sono passati quattro anni dalla conquista di Kabul da parte dei fascisti religiosi talebani, quattro anni in cui le catene dell’imperialismo, che da decenni soggiogano la nostra patria, si sono strette ancora di più attorno ai nostri corpi, alle nostre anime e alle nostre menti. Oggi i talebani, creature oscene dei servizi segreti pakistani e risultato di accordi tra Stati Uniti, Qatar, regime iraniano e forze reazionarie della regione, sono diventati una macchina di morte e repressione.

Nei primissimi giorni del loro governo, hanno privato migliaia di donne del lavoro e dell’istruzione; con le armi e la violenza hanno imposto un’inquisizione medievale; con le loro politiche sanguinose, le torture e la scomparsa degli oppositori, questi carnefici hanno trasformato l’intero Paese in una prigione terrificante. La disoccupazione diffusa, i prezzi elevati dei beni di prima necessità, la corruzione, la disperazione e decine di altre disgrazie hanno reso la vita completamente insopportabile per il nostro povero popolo.

Questo regime che ci hanno imposto è la continuazione di vent’anni dei governi inutili di Karzai e Ghani, che hanno iniettato la cultura del tradimento, della frode e della schiavitù nelle vene della società. La presenza dei talebani in Afghanistan non è una coincidenza: è un anello della catena della strategia coloniale degli Stati Uniti per controllare la regione e utilizzare gruppi fondamentalisti e terroristici per raggiungere i propri sinistri obiettivi strategici ed economici. La nostra terra oggi è come una carcassa su cui si accaniscono gli avvoltoi della regione e del mondo. Gli Stati Uniti continuano a controllare i talebani, anche se apparentemente hanno alcune divergenze con loro. Il Pakistan, dando forza ai suoi lacchè, pugnala alle spalle il nostro popolo; l’Iran invia le sue spie culturali e mediatiche, insieme alle sue milizie religiose; e la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita, ciascuno a modo proprio, sostengono le forze reazionarie e fondamentaliste, inquinando il nostro suolo.

Fin dai primi giorni, i talebani hanno colto l’occasione per prendere il controllo delle nostre ricchezze nazionali e delle risorse minerarie, saccheggiandole per arricchirsi. Gli sfollamenti forzati e la repressione delle proteste locali hanno aperto la strada al saccheggio, garantendo maggiori privilegi, intensificando le rivalità interne tra i talebani e le nostre diverse etnie, spingendo l’Afghanistan verso conflitti più profondi e una crisi senza precedenti. La maggior parte dei leader talebani controlla personalmente la coltivazione del papavero e il traffico di stupefacenti oppure, prende la propria parte dai contrabbandieri e dai gruppi mafiosi, diventando così una nuova forma di oligarchia jihadista.

L’Emirato sanguinario dei talebani, contrariamente a quanto sostiene, non è dedito a garantire la pace e la dignità umana, ma è determinato a distruggere gli ultimi brandelli dei diritti più fondamentali del nostro popolo. Anche alcuni ex “repubblicani” si sono trasformati in leccapiedi e lobbisti dei talebani. In Afghanistan, la CIA ha investito per decenni nei jihadisti, nei membri delle fazioni “Parcham e Khalq”, e in qualsiasi individuo debole e senza scrupoli, e li ha trasformati da intellettuali, giornalisti, attivisti della società civile privi di coscienza e patriottismo, presidenti, ministri, diplomatici e altri in quadri fedeli. Gli intellettuali separatisti, etnocentristi e compromessi col potere sono sempre stati apertamente o segretamente ostili alla democrazia e alla laicità, e hanno condiviso il tavolo con traditori e criminali fondamentalisti, mantenendo, in ultima analisi, il loro cordone ombelicale legato all’imperialismo e al sionismo.

Se le forze rivoluzionarie, patriottiche, progressiste e nazionaliste non riconosceranno la loro pesante responsabilità, se non strapperanno la maschera della “cultura” e della “mentalità” imperialista e fondamentalista che è stata calata sulle menti e sugli occhi del popolo, e se non impareranno la lezione dalle dolorose esperienze del passato… l’Afghanistan non riuscirà ad uscire dall’attuale terribile catastrofe. E diverse generazioni sprofonderanno e saranno distrutte. Impariamo dalle madri, dai giovani e dai bambini palestinesi che, nella loro ferma difesa e amore per la loro patria, non lesinano sacrifici o atti di coraggio. Le loro epiche storie di resistenza e perseveranza hanno commosso le coscienze risvegliate del mondo, suscitando ammirazione e sostegno.

Oggi, quando purtroppo non è presente sulla scena afghana alcuna forza seria, sostenuta dalle masse, nazionale, indipendente, democratica e antifondamentalista, è nostro dovere, senza alcuna aspettativa da parte dei governi stranieri, sensibilizzare noi stessi e le masse svantaggiate con ogni mezzo e metodo possibile. Dobbiamo respingere la politica vile dello “scegliere tra il male e il peggio”, che per anni ci è stata imposta dai governi occidentali e dalle forze reazionarie, lasciando il nostro popolo passivo e senza una visione del futuro. Fino all’alba della libertà, il movimento – in ogni forma, peso, luogo e livello possibile – deve rimanere vivo e tangibile; non dobbiamo permettere che i giovani si trasformino in esseri umani privi di forza, spaventati e distrutti.

L’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane (RAWA) ha anche sottolineato che le nostre donne onorevoli e patriottiche devono ripulire le loro file dai burattini della reazione e dell’imperialismo e non devono permettere che figure odiose ed egoiste come Fawzia Koofi, Habiba Sarabi, Shukria Barakzai, Asila Wardak, Manizha Bakhtari, Sima Samar, Naheed Farid, Mahbouba Seraj e simili, di distogliere la lotta delle donne dal percorso rivoluzionario verso il compromesso e la sottomissione alla Casa Bianca e ai governi occidentali.

Se le donne del nostro Paese sono state le prime vittime del fascismo religioso, negli ultimi quattro anni – subendo catene, prigionia e sacrificando le loro vite – sono state anche in prima linea e il pilastro principale della lotta. Sono loro la leadership della lotta anti-talebana. La paura dei talebani di una rivolta delle donne ha una ragione ovvia: sanno che il nostro spirito di lotta e la nostra rabbia repressa, come quella delle coraggiose donne dell’Iran e della Turchia, possono scuotere le fondamenta stesse della tirannia religiosa. Per questo motivo, i talebani, attraverso attacchi e metodi brutali, cercano di cancellare completamente le donne dalla società. L’arresto delle ragazze con il pretesto di un “hijab improprio”, la loro umiliazione e le ingiurie subite dagli agenti armati di frusta del “Ministero per la Promozione della Virtù”, la loro sistematica privazione dell’istruzione e del lavoro, e altre forme di repressione e minacce sono tutte prove evidenti di questo terrore, perché i talebani hanno capito che se questo potenziale latente si risveglia e si organizza, il loro dominio inquisitorio non durerà.

Sorelle e madri in lutto,

oggi diciamo a gran voce e senza esitazione che i fondamentalisti, siano essi jihadisti, talebani o qualsiasi altro servitore traditore dei padroni imperialisti, devono essere rimossi dalla scena afghana. Non ci può essere alcuna riforma in questo sistema; nessuna salvezza arriverà attraverso il compromesso o la supplica. L’unica strada è quella di aumentare la consapevolezza politica, organizzarsi e rafforzare le forze combattenti in modo che le masse di tutti gli strati e le nazionalità del nostro popolo si sollevino unite e con una sola voce in una rivolta nazionale. Diversamente, non ci libereremo mai da queste catene e saremo condannati dalle generazioni future.

Solo la libertà, la giustizia sociale e la democrazia basate sulla laicità possono guarire le ferite del nostro popolo. Affiliamo quindi il pugnale della lotta contro il fascismo religioso dei jihadisti e dei talebani e dei loro sostenitori imperialisti!

Revolutionary Association of the Women of Afghanistan

14 agosto 2025