LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE TRA STORIE, DIRITTI E CULTURE
4 Ottobre 2024
Abd al-Rasul Sayyaf è nato nella valle di Paghman nel 1946.
Abdul Rasul Sayyaf è l’uomo che invitò Osama Bin Laden in Afghanistan nell’ormai lontano 1996 nonché “maestro ideologo del capo organizzatore dell’attentato alle Torri Gemelle Khalid Shaykh Muhammad”. Sayyaf aspira alla massima carica dello stato. Fu uno dei capi dei Mujaheddin che combattevano contro i sovietici.
Human Rights Watch lo ha accusato di crimini di guerra nel conflitto civile degli anni Novanta. (fonte Huffington Post)
Il 1° luglio 2006, centinaia di persone del distretto Paghman di Kabul hanno manifestato contro Rasul Sayyaf, leader fondamentalista del partito Itehad-e-Islami e attuale membro del parlamento afghano. I manifestanti hanno accusato Sayyaf e la sua milizia armata di estorcere le loro terre.
I manifestanti hanno detto ai media che la terra nella zona di Chunghar, che è di proprietà di 40.000 persone di Shahguzar, (un villaggio a Paghman) è stata occupata con la forza da Sayyaf e dai suoi uomini armati, sebbene la gente del villaggio possieda legalmente la terra per ordine del tribunale. Hanno affermato che il partito di Sayyaf, in collaborazione con il ministro degli interni, ha diviso la terra a Dasht-e-Chamtla tra di loro espropriandola con la forza. (fonte RAWA)
Il rapporto di 220 pagine dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani descrive le atrocità commesse da combattenti comunisti, mujahidin, sovietici e talebani in 23 anni di conflitto.
“Prima del massacro di Afshar dei civili sciiti nel 1993, il leader jihadista Abdul Rasool Sayyaf disse ai suoi ufficiali: “Non lasciate nessuno vivo, uccideteli tutti”. (fonte RAWA)
Sayaf ha stretto un’alleanza con Jamiat-e Islami dell’ex presidente Rabbani sin dalla guerra sovietica. A partire dal 2007, Sayyaf è un influente legislatore, ha chiesto un’amnistia per gli ex mujaheddin, oltre a spingere per un disegno di legge che impedirebbe ai Mujaheddin di essere accusati di crimini di guerra. Sayyaf ha ottenuto il quarto maggior numero di voti durante le elezioni di Wolesi Jirga a Kabul. (fonte Afghan bios)
Nel marzo del 2007 il parlamento afghano ha votato una legge con cui è stata garantita totale amnistia ai responsabili di violazioni dei diritti umani negli anni tra il 1979 e il 2001. La legge è entrata in vigore nel 2008, quando è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale, anche se la cosa è stata resa pubblica solo nel gennaio del 2010. (fonte Osservatorio Afghanistan)
Migliaia di afghani morirono nel corso del 1993 durante la guerra civile che ebbe come principale terreno di scontro il quartiere hazara di Afshar, a Kabul Ovest.
“L’11 febbraio 1993 le forze di Massoud e Sayyaf invasero il quartiere hazara di Afshar uccidendo – in base a stime locali – circa 1000 civili, compresi anziani, donne, bambini, e perfino i cani, gettando poi i corpi nei pozzi.” [The Guardian, 16 novembre 2001]
I massacri peggiori avvennero nel mese di febbraio e tra novembre e dicembre, quando un susseguirsi di attacchi missilistici, saccheggi, incursioni, stupri e rapimenti costrinse gli abitanti del quartiere a rimanere per settimane barricati in casa in preda al terrore, senza cibo né acqua né legna da bruciare.
La documentazione di Human Rights Watch e Amnesty International si riferisce soprattutto ai violentissimi scontri dell’11 febbraio 1993. Atrocità difficili da descrivere furono commesse dalle fazioni di Shura-e Nazar, il partito armato di Massoud, alleato con Abdul Rasul Sayyaf di Ittehad-e Islami, e dalla rivale Hezb-e Wahdat. Le relazioni riferiscono stupri di massa, rapimenti, torture e massacri di combattenti e civili. (fonte ECN)
Abdul Rasul Sayyaf è nato nel 1946 a Paghman, nella provincia di Kabul. È pashtun/ghilzai, della tribù Kharuti. Dopo gli studi nella madrassa di Abu Hanifa, si è iscritto alla facoltà di teologia dell’Università di Kabul e si è laureato con lode. È rimasto come assistente all’ateneo sino al 1969, quando si è iscritto all’Università al-Azhar del Cairo. In questo periodo ha avuto molti contatti con gli ambienti wahhabiti dell’Arabia Saudita. Tornato in Afghanistan ha partecipato attivamente alle iniziative del movimento islamico ed è stato nominato Vice Presidente della shura che ne dirigeva le iniziative. Nel 1975 è stato arrestato mentre cercava di partire per gli Stati Uniti. E’ riuscito a sfuggire alla condanna a morte ed è stato rilasciato grazie all’amnistia concessa dopo l’invasione sovietica. Una volta tornato in libertà, nel 1980, si è rifugiato a Peshawar dove ha tentato in varie riprese di unificare i sei partiti islamici sunniti e vi è riuscito solo temporaneamente con la fondazione di Ittihad-e Islami (Nel 2005 l’organizzazione Ittihad è stata registrata come partito politico presso il Ministero della giustizia con il suo nuovo nome Tanzim Daawat-e-Islami-e-Afghanistan. ), che, tuttavia, è presto diventato il settimo partito. Durante la guerra contro i sovietici, l’Ittihad-e Islami ha potuto usufruire degli aiuti sauditi e ha accolto tra le sue fila molti comandanti che avevano bisogno di finanziamenti per armare i loro uomini. Era presente soprattutto nelle città e non si appoggiava a nessun gruppo etnico.
Nel 1992 è stato nominato Ministro dell’interno del Governo mujahiddin e ha cercato di favorire un accordo tra Buranuddin Rabbani e Ahmad Shah Massud, da una parte, e Hekmatyar, dall’altra, per porre fine alla guerra civile. Nel 1994 si è alleato allo stesso Hekmatyar e a Dostum combattendo contro le forze fedeli al Governo, controllato dagli esponenti tagiki.
Sayyaf è legato ai circoli wahhabiti sauditi e ne condivide l’ideologia che privilegia una visione molto rigida dell’islam, soprattutto per quanto riguarda la condizione e il ruolo delle donne. Nello stesso tempo è allineato su posizioni anti-occidentali e rifiuta la democrazia parlamentare nel rispetto degli insegnamenti di Mohammad Ibn Abd al Wahhab (1703-1792). È anche un deciso avversario della ideologia sufi e si è distinto per l’odio nei confronti degli sciiti contro cui ha lanciato un’operazione di pulizia etnica durante la guerra civile (massacro di Afshar Mina del 1993). Nel 1988-1989 il Dipartimento di Stato americano considerava Rasul Sayyaf un estremista e nel 1994 lo ha accusato di ospitare nei suoi campi di addestramento pericolosi terroristi. In effetti Sayyaf ha tessuto rapporti molto stretti con lo sceicco Abdullah Azam e con il suo discepolo Osama bin Laden. Azam ha fondato agli inizi degli anni Ottanta il Mekhtab al Khidmat, attraverso cui passavano tutti i militanti che col nome “gli Afghani” costituirono la base del terrorismo degli anni Novanta.
Dopo la caduta di Kabul (1996), si è schierato a fianco di Massud e in seguito è entrato a far parte dell’Alleanza del Nord.
A seguito dell’Accordo di Bonn del 2001, è riuscito a inserire molti uomini di fiducia in incarichi chiave dell’apparato dello Stato, sia a livello centrale che periferico. Guardato inizialmente con sospetto dai gruppi moderati per la sua ideologia pan-islamica, i sentimenti anti-occidentali e i legami con ambienti estremisti islamici e con personalità sospettate di collusione con sodalizi criminali, nel tempo è riuscito a mitigare le sue posizioni e attualmente svolge un ruolo di rilievo nella vita politica del Paese, legittimato anche dalla decisione di Karzai di candidarlo alla carica di Presidente della Wolesi Jirga. Solo per pochi voti si è visto superare da Yunis Qanuni. In seguito, tuttavia, è stato nominato presidente della Commissione esteri. (fonte Argoriente)
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Dopo la presa di Kabul dell’agosto 2021, Sayyaf si è rifugiato in India, a Nuova Delhi.
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