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Autore: Patrizia Fabbri

“Stop fondamentalismi. Stop apartheid di genere”. La campagna del Cisda

“Apartheid di genere significa qualsiasi atto, politica, pratica o omissione che, in modo sistematico e istituzionalizzato, è commesso da un individuo, uno stato, un’organizzazione, un’entità o un gruppo, con lo scopo o l’effetto di stabilire, mantenere o perpetuare il dominio di un genere sull’altro, attraverso la segregazione istituzionalizzata, l’oppressione o la discriminazione in ambito politico, economico, sociale, culturale, educativo, professionale o in qualsiasi altro ambito della vita pubblica e privata”. È questa la definizione per il crimine di apartheid di genere che il CISDA, con il supporto di un team di giuriste, ha elaborato e inviato direttamente, e attraverso la delegazione italiana, alla VI Commissione dell’ONU che sta lavorando all’elaborazione di un Trattato globale per la prevenzione e la punizione dei crimini contro l’umanità.

È un lavoro complesso, sul quale l’ONU si sta confrontando da sei anni, ma alla fine del 2024, nonostante l’ostruzionismo di alcuni paesi, è stato delineato un percorso che, sebbene molto lungo dato che le negoziazioni vere e proprie sul Trattato sono previste nel 2028 e 2029, definisce una tempistica per le proposte che gli Stati membri e la società civile possono sottoporre alla Commissione.

La Campagna Stop Fondamentalismi – Stop Apartheid di Genere

Per sostenere il proprio contributo a questo processo, il CISDA, con la rete di associazioni con la quale collabora in Italia e in Europa, ha lanciato la Campagna STOP FONDAMENTALISMI – STOP APARTHEID DI GENERE, evidenziando la stretta connessione tra fondamentalismi e apartheid di genere. Nell’ambito di questa Campagna è stata aperta una raccolta firme per una Petizione con la quale si chiede Governo italiano di sostenere gli obiettivi di seguito sintetizzati e di farsene promotore presso le istituzioni internazionali:

  • Riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità(al pari dell’apartheid di razza) all’interno dei Trattati internazionali e che tale crimine viene applicato sistematicamente e istituzionalmente in Afghanistan.
  • Non riconoscimento, né giuridico né di fatto, del regime fondamentalista talebanosostenendo l’azione presa da alcuni Paesi di deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia Internazionale per violazioni della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e quella di deferimento dell’Afghanistan per ulteriori indagini alla Corte Penale Internazionale sulle continue violazioni dei diritti delle donne compiute dai talebani.
  • Sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti; contestualmente negare la rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta.

Ma entriamo nel dettaglio di ciascuno di questi obiettivi e cerchiamo di capire perché sono così fortemente connessi.

Perché l’apartheid di genere è un crimine contro l’umanità

Prima di tutto bisogna ricordare che il concetto di “apartheid di genere” non è ancora codificato nel diritto internazionale come crimine in quanto il crimine di apartheid, come definito nello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, si concentra sulla discriminazione razziale.

Le violazioni dei diritti umani basate sul genere, come la violenza sessuale, lo stupro, la negazione dei diritti riproduttivi e la segregazione di genere hanno invece caratteristiche uniche distinte dalla discriminazione razziale e il loro riconoscimento come crimine consentirebbe di affrontare, a livello giuridico internazionale, le violazioni sistematiche che colpiscono ragazze, donne e individui non conformi al genere, come le persone LGBTQI+.

Nella definizione proposta dal CISDA, gli elementi chiave sono la segregazione istituzionalizzata, l’oppressione e la discriminazione, caratteristiche fondamentali dei regimi storici di apartheid, ma si sottolinea che tali atti possono essere commessi oltre da attori statali, anche da attori non statali, come gruppi organizzati. Si tratta di una precisazione importante che evidenzia il ruolo che gli attori non statali possono svolgere nel commettere e perpetuare gravi violazioni dei diritti umani. A tutto ciò si aggiunge l’inclusione dell’omissione come forma di condotta criminale, in cui le autorità non agiscono per prevenire o punire la discriminazione o la violenza di genere.

Importante è poi la definizione del “soggetto passivo” nella quale è compreso qualsiasi gruppo di persone identificate dal loro genere e gli individui non conformi al genere: una definizione fondamentale per estendere le protezioni oltre il tradizionale concetto binario uomo-donna e andare a perseguire la discriminazione e le azioni violente rivolte alle persone LGBTQI+.

Perché i fondamentalismi creano apartheid di genere

Il CISDA ha voluto collegare strettamente il concetto di “fondamentalismi” (il plurale non è un caso) a quello di apartheid di genere perché ritiene che la discriminazione e l’oppressione sulla base del genere della persona siano diretta conseguenza di un approccio fondamentalista alla società. Approccio che non riguarda esclusivamente l’Islam o le religioni in generale.

Ormai assuefatti ad associare il fondamentalismo all’Islam, dimentichiamo che il termine nasce da un movimento religioso protestante diffuso soprattutto negli Stati Uniti a fine ‘800, che, in opposizione al protestantesimo liberale e a tutte le tendenze razionalistiche e critiche, impone l’accettazione rigida e intransigente dei “fondamentali” del Cristianesimo. E per venire all’oggi, basti pensare ai movimenti estremisti cristiani antiabortisti per comprendere quanto il fondamentalismo non sia esclusiva peculiarità di alcune interpretazioni dell’Islam.

E non è un fenomeno circoscrivibile alla sola religione perché il termine fondamentalismo indica “l’atteggiamento di chi persegue un’interpretazione estremamente conservatrice e un’attuazione rigida e intransigente di una religione, un pensiero politico, scientifico, letterario ecc.”. Per questo CISDA ha scelto di utilizzare il plurale, perché vuole dire STOP a qualsiasi forma di fondamentalismo, sia esso religioso o politico o razziale o ideologico.

 

Concretamente la Campagna, e di conseguenza la Petizione, si focalizza sulla condanna al regime fondamentalista talebano, responsabile della soppressione dei più elementari diritti umani della popolazione civile, in particolare delle donne e degli individui LGBTQI+, frutto del deliberato proposito di tradurre in sistema di governo un’idea fondamentalista che ha come principale obiettivo l’annientamento sistematico e istituzionale delle donne.

L’Afghanistan è il Paese che rappresenta il caso più emblematico di “apartheid di genere”. Qui le donne non possono andare a scuola, lavorare, uscire da sole, frequentare parchi, giardini o bagni pubblici, mostrare il volto in pubblico, cantare, pregare ad alta voce e sono bandite dalla vita pubblica e sociale per rimanere segregate in casa.

Perché sostenere le forze antifondamentaliste, democratiche e progressiste dell’Afghanistan

Anche se in Afghanistan l’apartheid di genere è un crimine perpetrato quotidianamente, l’autodeterminazione della donna vede drammatiche limitazioni ovunque nel mondo, anche nel mondo occidentale. Per questo la condanna ai fondamentalismi va di pari passo con la promozione del valore della laicità, unico argine efficace alla barbarie.

Ed ecco che veniamo al terzo obiettivo indicato nella Petizione del CISDA: il sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti. Quello della laicità e dell’adesione ai principi democratici delle forze di opposizione a un regime assolutista e fondamentalista è un tema vitale che, in un momento in cui l’Afghanistan è ormai uscito dai radar dei media, è prepotentemente tornato alla ribalta in Siria dove la gioia per la caduta del criminale Bashar al-Assad rischia di trasformarsi in nuovo terrore per la salita al potere al gruppo fondamentalista Tahrir al-Sham.

La storia dell’Afghanistan può dunque essere un monito per chi guarda l’attualità con occhi superficiali: a partire dalla fine degli anni ’70, è un Paese che ha subito ingerenze straniere da parte di potenze internazionali e regionali che hanno finanziato e armato gruppi fondamentalisti. Questi drammatici eventi, comuni a molti paesi, hanno generato decenni di guerre provocando migliaia di vittime civili, corruzione endemica, traffico di droga, devastazione del tessuto sociale e ambientale e migrazioni forzate.

Ma in Afghanistan ci sono anche organizzazioni democratiche che, fin dagli anni ’70, si sono attivate per l’uguaglianza e la giustizia sociale delle donne, per i diritti fondamentali all’istruzione, alla difesa legale, alle cure mediche e per la liberazione dalla povertà e dalla violenza. Organizzazioni, per esempio, come RAWA o HAWCA che CISDA sostiene dalla sua nascita.

Uomini e donne che, nonostante avessero l’opportunità di lasciare il Paese dopo il ritorno dei talebani, hanno deciso di rimanere, sfidando i rischi quotidiani del regime repressivo talebano, e continuano a operare in Afghanistan a fianco delle donne, dei bambini, di una popolazione la cui maggioranza vive in condizioni di estrema povertà oltre che di oppressione e di negazione di ogni diritto umano.

Ed è importante che, insieme al sostegno alle forze democratiche e antifondamentaliste, non venga riconosciuta alcuna rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta. Troppo spesso, infatti, si vedono assurgere al ruolo di difensori dei diritti delle donne afghane personaggi ambigui e compromessi con i precedenti regimi.


L’articolo è precedentemente uscito su Altreconomia.

SBS Australia – Il regime dei talebani “considera le donne come un pericolo per la società”

SBS Australia intervista Beatrice Biliato di CISDA. Ascoltala a partire dal minuto 1:10

 

 

STOP FONDAMENTALISMI STOP APARTHEID DI GENERE

Governo italiano

I fondamentalismi, nelle loro diverse forme e caratterizzazioni, creano sempre apartheid di genere e l’Afghanistan è il Paese che ne rappresenta il caso più emblematico, anche se non è il solo. L’autodeterminazione della donna e degli individui LGBTQI+ vede infatti drammatiche limitazioni ovunque nel mondo, anche nel mondo occidentale. La promozione del valore della laicità è l’argine più efficace ai fondamentalismi, e quindi all’apartheid di genere, come indicano le organizzazioni progressiste, democratiche e antifondamentaliste anche in Afghanistan.

Pertanto il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) con la rete di associazioni con la quale collabora in Italia e in Europa

CHIEDE AL GOVERNO ITALIANO

Di sostenere i seguenti obiettivi e di farsene promotore presso le istituzioni internazionali.

  1. Riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità (al pari dell’apartheid di razza) all’interno dei Trattati internazionali e che tale crimine viene applicato sistematicamente e istituzionalmente in Afghanistan.

  2. Non riconoscimento, né giuridico né di fatto, del regime fondamentalista talebano attivando, fin da subito, azioni di condanna e, in particolare, che:

    le Nazioni Unite non diano riconoscimento, né giuridico né di fatto, al regime; venga messo al bando il fondamentalismo talebano con provvedimenti urgenti; si impediscano finanziamenti e rifornimenti militari da parte di Paesi amici; si estromettano i rappresentanti del regime da incontri della diplomazia internazionale e dalle riunioni delle Nazioni Unite e si applichino puntualmente le limitazioni totali di viaggio ai suoi esponenti come già previste dalle sanzioni anti-terrorismo.

In questo ambito si chiede al governo italiano di sostenere l’azione presa da Australia, Canada, Germania e Paesi Bassi, e sostenuta da altri 22 stati, di deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia Internazionale per violazioni della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), di cui l’Afghanistan è firmatario.

  1. Sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti; contestualmente negare la rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta.

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Bread & Roses

Bread & Roses, diretto da Sahra Mani e prodotto da Jennifer Lawrence e Malala Yousafzai, cattura lo spirito delle donne afghane nella loro instancabile ricerca di autonomia. Un ritratto toccante della forza in mezzo alla lotta, questo acclamato documentario del Festival di Cannes mette in luce la loro resilienza.

Per saperne di più leggi Sahra Mani. Il sacrificio delle donne afghane nel silenzio del mondo

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Haqqani Khalil ur Rahman

È nato il 1 gennaio 1966 ed è fratello di Jalaluddin Haqqani, fondatore della rete Haqqani, e zio di Sirajuddin Haqqani, ministro degli interni. L’11 dicembre 2024 è stato ucciso nel corso di un attentato suicida.

Dal 7 settembre 2021 all’11 dicembre 2024 è stato ministro dei Rifugiati. 

Cosa si dice di lui

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel febbraio del 2011 ha designato Khalil al-Rahman Haqqani terrorista globale, offrendo una ricompensa di 5 milioni di dollari per informazioni in grado di portare alla sua cattura. È anche incluso nella lista dei terroristi delle Nazioni Unite. (fonte VoaNews)

Doug London, che gestiva le operazioni antiterrorismo della Cia in Afghanistan, affermava che Haqqani era stato un partner della CIA quando l’agenzia forniva armi ai ribelli afgani negli anni ’80 per combattere le truppe sovietiche. È stato designato terrorista globale dal governo degli Stati Uniti nel 2011. La narrativa della ricompensa del Dipartimento di Stato per Haqqani afferma che “ha anche agito per conto di al-Qaeda ed è stato collegato alle operazioni terroristiche di al-Qaeda”.(fonte NBC)

La sua storia

Durante la guerra in Afghanistan Haqqani si è impegnato nella raccolta di fondi internazionali per i talebani sostenendone le operazioni. Nel 2002, Khalil ha impegnato i suoi uomini per rafforzare al-Qaeda nella provincia di Paktia, in Afghanistan; nel 2009 ha contribuito alla detenzione dei prigionieri catturati dalla rete Haqqani e dai talebani; nel 2010 ha fornito finanziamenti ai talebani nella provincia di Logar, in Afghanistan. Haqqani ha eseguito gli ordini forniti da suo nipote, Sirajuddin Haqqani, leader della rete Haqqani, designato terrorista nel marzo 2008 ai sensi dell’ordine esecutivo 13224.

Il 9 febbraio 2011, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, con l’ordine esecutivo 13224, ha designato Khalil Haqqani come terrorista globale tra i più ricercati, offrendo su di lui una taglia di 5 milioni di dollari.

Il 9 febbraio 2011 le Nazioni Unite ai sensi del paragrafo 2 della risoluzione 1904 (2009), ha aggiunto Khalil Haqqani all’elenco dei sanzionati del 1988 (TAi.150) per associazione con Al-Qaeda, Osama bin Laden e i Talebani e/o loro favoreggiamento e finanziamento.

Le Nazioni Unite hanno stabilito che Haqqani si è impegnato in attività di raccolta fondi per conto dei talebani e della rete Haqqani viaggiando a livello internazionale per ottenere sostenitori finanziari. A partire dal settembre 2009 Haqqani ha ottenuto sostegno finanziario dagli stati arabi del Golfo Persico e da fonti dell’Asia meridionale e orientale. Inoltre, Khalil ha agito per conto di Al-Qaeda ed è associato alle loro operazioni militari, compreso il dispiegamento di rinforzi agli elementi di Al-Qaeda nella provincia di Paktia, in Afghanistan.

Nell’agosto del 2021, dopo la caduta di Kabul, Haqqani è stato incaricato alla sicurezza di Kabul durante la transizione del potere. (fonte Wikipedia)

L’11 dicembre 2024 è stato ucciso nel corso di un attentato suicida nella sede del ministero, mentre stava partecipando a una sessione formale, armato come sempre nelle riunioni ufficiali per la sua diffidenza verso le guardie del corpo. Alcune ore dopo l’attacco, i Talebani hanno diffuso sui social media un’immagine del kamikaze, affermando che durante la sessione l’attentatore aveva fatto esplodere la sua carica esplosiva. … L’uccisione di questo alto funzionario talebano ha scatenato le reazioni di diversi attivisti politici e di alti funzionari dei precedenti governi afghani. Alcuni hanno accolto con favore la sua morte, attribuendo alla Rete Haqqani la responsabilità dei numerosi attacchi suicidi che hanno causato migliaia di vittime in Afghanistan, ritenendo la morte di Haqqani una giusta punizione. L’ex presidente afghano Hamid Karzai, invece, ne ha condannato l’uccisione definendolo un “martire” membro di un’importante famiglia jihadista afghana e sottolineando il suo ruolo nella lotta contro l’ex Unione Sovietica. … Contemporaneamente, alcuni utenti dei social media hanno attribuito la morte di Khalil Ur-Rahman Haqqani a divergenze interne ai Talebani, suggerendo che la Rete Haqqani non fosse d’accordo con le direttive emanate da Hibatullah Akhundzada, la Guida suprema dei Talebani, prevedendo che altre figure talebane potrebbero essere uccise in dispute interne, viste le lotte di potere in atto all’interno dei Talebani, in particolare per il controllo della Rete Haqqani, che dispone di ingenti risorse finanziarie e di stretti legami con gruppi terroristici internazionali. (fonte 8AM.Media)

Fiori di Kabul

Maryam abita a Kabul. Come tante ragazze afgane, ha un padre fedele alla tradizione rigida e ultraconservatrice diffusa nel Paese che nega alle donne ogni forma di libertà. Un giorno, a casa di Maryam, si ferma una straniera. Sta attraversando l’Afghanistan con la sua bicicletta. Per Maryam quell’incontro segnerà una svolta. Alle donne, in Afghanistan, è vietato andare in bicicletta; è vietato protestare, fare sport in pubblico, uscire di casa senza permesso. Ma Maryam sa che le cose si possono cambiare. E quando sarà abbastanza grande per prendere le sue decisioni, sceglierà proprio una bicicletta come strumento di emancipazione. Il suo non sarà un semplice viaggio: sarà un esempio per uomini e donne, una piccola rivoluzione silenziosa attraverso uno dei Paesi con la più alta discriminazione di genere.

di Gabriele Clima

Einaudi Editore, pp. 160

RBE – Una petizione per definire e contrastare l’apartheid di genere

Licia Veronesi racconta la petizione lanciata da Cisda, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane, per contrastare l’apartheid di genere, a partire dal suo riconoscimento come crimine contro l’umanità a RBE Radio e TV.

STOP FONDAMENTALISMI STOP APARTHEID DI GENERE

Governo italiano

I fondamentalismi, nelle loro diverse forme e caratterizzazioni, creano sempre apartheid di genere e l’Afghanistan è il Paese che ne rappresenta il caso più emblematico, anche se non è il solo. L’autodeterminazione della donna e degli individui LGBTQI+ vede infatti drammatiche limitazioni ovunque nel mondo, anche nel mondo occidentale. La promozione del valore della laicità è l’argine più efficace ai fondamentalismi, e quindi all’apartheid di genere, come indicano le organizzazioni progressiste, democratiche e antifondamentaliste anche in Afghanistan.

Pertanto il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) con la rete di associazioni con la quale collabora in Italia e in Europa

CHIEDE AL GOVERNO ITALIANO

Di sostenere i seguenti obiettivi e di farsene promotore presso le istituzioni internazionali.

  1. Riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità (al pari dell’apartheid di razza) all’interno dei Trattati internazionali e che tale crimine viene applicato sistematicamente e istituzionalmente in Afghanistan.

  2. Non riconoscimento, né giuridico né di fatto, del regime fondamentalista talebano attivando, fin da subito, azioni di condanna e, in particolare, che:

    le Nazioni Unite non diano riconoscimento, né giuridico né di fatto, al regime; venga messo al bando il fondamentalismo talebano con provvedimenti urgenti; si impediscano finanziamenti e rifornimenti militari da parte di Paesi amici; si estromettano i rappresentanti del regime da incontri della diplomazia internazionale e dalle riunioni delle Nazioni Unite e si applichino puntualmente le limitazioni totali di viaggio ai suoi esponenti come già previste dalle sanzioni anti-terrorismo.

In questo ambito si chiede al governo italiano di sostenere l’azione presa da Australia, Canada, Germania e Paesi Bassi, e sostenuta da altri 22 stati, di deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia Internazionale per violazioni della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), di cui l’Afghanistan è firmatario.

  1. Sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti; contestualmente negare la rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta.

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