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2011 – Decennale occupazione

Pubblicazione: 8 Ottobre 2011

8 ottobre 2001 – 8 ottobre 2011

DIECI ANNI DI BOMBARDAMENTI,  OCCUPAZIONE E MISERIA IN AFGHANISTAN

Nel decimo anniversario dei bombardamenti USA/NATO sull’Afghanistan, il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (CISDA) denuncia il bilancio fallimentare della missione internazionale in Afghanistan.

L’8 ottobre  2001,  a seguito del tragico evento dell’11 settembre, gli USA  e i loro alleati iniziano l’occupazione dell’Afghanistan con pesanti bombardamenti con il pretesto di “sconfiggere il terrorismo”,  abbattere  il regime  dei talebani  responsabili  di aver  sostenuto  Bin Laden,  riportare  la democrazia, liberare le donne, ricostruire un paese già devastato da 20 anni di guerra.

Gli USA scelgono di sfruttare sul terreno le milizie dell’Alleanza del Nord, gruppi di fondamentalisti islamici  responsabili  della  guerra  civile  del  1992-1996   che  ha  devastato  l’Afghanistan,  facendo perdere  la  vita  a  70.000  persone  nella  sola  Kabul;  gli stessi  criminali  di guerra  già sostenuti,  con grossi  finanziamenti  e  forniture  di armi,  per  cacciare  le  armate  sovietiche  che  avevano  occupato  il paese nel 1979.

Quando cade il regime talebano, la comunità internazionale consente  a questi criminali di guerra (tra i quali Sayyaf, Fahim, Rabbani – appena ucciso  in un attentato dei talebani, con i quali stava avviando trattative  “di  pace”  – Qanuni,  Abdullah,  Ismail  Khan,  Khalili, Mohaqiq)  di occupare  governo  e Parlamento afgani e di riprendere il controllo del paese, negando  invece sostegno  e appoggio alle forze democratiche e laiche.

 

Nel marzo  2007  il governo  Karzai  vara  una legge  che  garantisce  l’amnistia  per  tutti i crimini di guerra commessi in Afghanistan negli ultimi vent’anni.

Inoltre,  il via  libera  dato  ai signori  della  guerra  ha fatto  sì che dal  2001,  in tutto il paese,  si  siano formati e abbiano spadroneggiato nelle aree sotto  il loro controllo centinaia di nuove milizie e gruppi para-militari.  In Just  don’t call  it a  milita,  un recente rapporto  di Human Rights  Watch uscito nel settembre  2011,  si  dice  che  “gruppi  militari di vari  tipo hanno  partecipato   a  rappresaglie  tribali, omicidi, traffici illeciti ed estorsioni. Stupri di donne, ragazze e ragazzi sono frequenti. Le milizie sono solitamente controllate da capi locali o signori della guerra”.

La situazione  delle  donne  afgane  rimane  drammatica.  Nel 2009, cercando  di garantirsi  sostegno elettorale dalla comunità shiita, il governo Karzai  vara una legge che prevede  l’impossibilità per le donne shiite di rifiutare rapporti sessuali con il marito, di recarsi liberamente dal medico, a scuola o al lavoro senza il permesso del coniuge, pena il ritiro di qualsiasi sostegno finanziario. Tutt’ora ci sono donne  che  si  suicidano  dandosi  fuoco,  donne  costrette   a  matrimoni  forzati,  donne  ripudiate  dalla famiglia se vittime di stupro perché motivo di vergogna.

Nel gennaio 2011 il Consiglio dei Ministri afghano approva una legge secondo la quale entro 45 giorni dalla sua entrata  in vigore le case rifugio per donne maltrattate  passano dalla gestione delle  ONG al Ministero  degli  Affari  Femminili.  La legge  accoglie  una  decisione  della  corte  suprema  afghana, secondo cui le donne che scappano di casa per maltrattamenti commettono  reato. Le donne dovrebbero essere  accompagnate   al rifugio  da  un parente  maschio  (di solito  l’artefice  dei maltrattamenti)  e sottoposte  a umilianti visite per verificare la loro attività sessuale.

Dalla fine del 2001 al 31 dicembre 2010 sono stati deliberati dal nostro governo circa 516 milioni di Euro per  la  cooperazione  civile  (che  costituiscono  però  solo  circa  il  2% del  totale  delle  spese sostenute per le truppe)  ma l’importo totale stanziato alla fine del 2010 è di circa 208,4 milioni di euro.  Di  questi,  circa  81 milioni di euro  sono  stati  impiegati  per  la  riforma  della  giustizia  in Afghanistan.

In Afghanistan  mancano  case, scuole,  ospedali  e  lavoro;  la produzione di oppio  è arrivata a circa  il 96% del totale mondiale.

Sono questi i risultati dell’intervento internazionale in Afghanistan?

In dieci anni di intervento militare i soli USA  hanno speso più di 487 miliardi di dollari.

La guerra in Afghanistan ha provocato  la morte di 44 soldati italiani, circa 1.400 soldati alleati, 6 mila soldati e poliziotti afgani, circa 25 mila guerriglieri talebani e quasi 11 mila civili afgani (di cui oltre 3 mila vittime degli  attacchi talebani e almeno  7 mila uccisi dalle truppe alleate – più di 3 mila civili morirono  nei  soli  bombardamenti  aerei  del 2001-2002). In totale,  quindi,  otto anni  di guerra  hanno stroncato circa 43 mila vite umane (fonte “Peace Reporter”).

Mentre il governo italiano approva la nuova manovra finanziaria per strozzare ancora di più il nostro paese,  lo stesso  governo   rifinanzia  la  missione  italiana  in Afghanistan  (con  il  solo  voto contrario dell’IDV) che nel primo semestre 2011  ha previsto una spesa di 410 milioni di euro  e una presenza di 4.350 truppe. (fonte: Peace Reporter).

Il CISDA, raccogliendo la voce delle forze democratiche dell’Afghanistan quali RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane), Hambastagi (Partito della Solidarietà), Malalai Joya, Saajs (Associazione Familiari delle Vittime) chiede il ritiro delle truppe italiane e straniere dall’Afghanistan, il congelamento delle spese militari, il sostegno delle vere forze democratiche del paese e la costituzione di un tribunale internazionale che smascheri i criminali di guerra seduti nel parlamento Afghano.

Per il calendario delle iniziative in Italia consultare: http://www.osservatorioafghanistan.org http://www.facebook.com/#!/pages/Cisda/120648274682738

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