Skip to main content

Autore: Patrizia Fabbri

Storie di resilienza e speranza nei corsi di alfabetizzazione e cucito

Nonostante i loro diritti siano stati violati e vivano sotto la costante minaccia di violenza, le donne e le ragazze afghane continuano a perseverare coraggiosamente. Alcune hanno creato nuovi gruppi della società civile per rispondere ai bisogni della comunità, mentre altre hanno cercano di riaprire loro attività e tornare al lavoro. Per tutte loro, la loro resilienza rappresenta un incredibile coraggio che spesso passa inosservato.

Ne è un esempio il report sui corsi di alfabetizzazione e cucito ricevuto nei giorni scorsi da una delle organizzazioni afghane. I corsi si svolgono in quattro province e vedono la partecipazione, in ogni realtà, di 20 studentesse per il corso di alfabetizzazione e 20 per quello di cucito.

Alfabetizzazione, cucito e socializzazione

Gli studenti di entrambe le classi provengono da diverse fasce d’età e sono stati suddivisi in tre gruppi in base alle competenze. “Il loro entusiasmo e la loro partecipazione attiva nei quattro centri – ci scrivono – dimostrano la loro volontà di sfruttare al meglio questa opportunità. In ogni provincia sono presenti due insegnanti, uno per ogni corso, per un totale di otto insegnanti reclutati per questo progetto. Tutti gli insegnanti sono molto dedicati e laboriosi, e investono tutte le loro energie nell’insegnamento agli studenti”.

I corsi di alfabetizzazione coprono varie materie, tra cui la lingua dari, la matematica di base, il disegno di base (per identificare gli oggetti) e i nomi di diversi esseri viventi e non viventi. Nei corsi di cucito, le studentesse imparano a tagliare i tessuti, a usare le macchine da cucire, a ricamare a mano e a confezionare abiti.

Ma non sono solo le attività pratiche a essere fondamentali: “Inizialmente, le studentesse erano scoraggiate per il loro futuro e si sono trovate sottoposte a una forte pressione psicologica. Tuttavia, partecipando attivamente alle lezioni, il loro morale è migliorato. Oltre al loro impegno nelle attività accademiche, le ragazze hanno anche partecipato attivamente ai programmi come la celebrazione del Giorno dell’Indipendenza del Paese, la Giornata degli Insegnanti e altri eventi ricreativi ed educativi. Queste esperienze hanno dato loro la speranza di un cambiamento e di un futuro migliore”.

Dalla loro istituzione nel giugno 2022, questi piccoli centri hanno offerto opportunità di alfabetizzazione e formazione professionale a 160 ragazze e donne in quattro province. Durante questo periodo, i residenti hanno mostrato rispetto e accolto con favore questi centri, permettendo alle loro ragazze di partecipare a questi corsi per migliorare le proprie competenze di alfabetizzazione e formazione professionale in un ambiente sicuro e solidale.

Nell’oscurantismo imposto dal governo talebano, i centri rappresentano anche un momento di incontro e socializzazione, come ci scrivono: “Il progetto ha anche facilitato la ricostruzione di un legame sociale di ragazze e donne anziane, offrendo loro l’opportunità di fare nuove amicizie e di entrare in contatto con altre persone della loro età in centri pacifici e sicuri”.

Storie di resilienza e speranza

Quelle delle donne e delle ragazze che frequentano i corsi sono storie di sofferenza, ma nel contempo di resilienza e speranza.

C’è S., una donna che vive in una precaria situazione perché nubile: “Prima di frequentare il corso di alfabetizzazione, ero molto malata mentalmente ed emotivamente. Ero sempre stanca e senza entusiasmo. Quando la nostra insegnante ha parlato dei diritti delle donne, ho sentito come se il mondo si fosse aperto per me“.

E poi c’è G., spostata da molti anni con un uomo molto più grande di lei e dipendente da sostanze stupefacenti, rimasta vedova con cinque figli: “La situazione economica di mio padre era pessima e per questo motivo sono stata costretta a un matrimonio indesiderato. Come sono sopravvissuta? Non mi sono mai arresa. I miei figli sono andati a scuola e hanno ricevuto un’istruzione. Ora mi amano tutti, ma sono molto malata mentalmente e fisicamente“. Allora G. decide di seguire il corso: “Da quando sono qui, mi sento come se fossi tornata giovane. Non voglio perdermi un solo giorno, perché il corso di alfabetizzazione mi ha portato gioie che nessun altro nella mia vita è stato in grado di darmi“.

Un piccolo problema di linguaggio aveva reso ancora più dura la vita di M.: “A scuola, venivo sempre presa in giro dagli altri studenti, il che mi faceva evitare le riunioni e persino la scuola. Il mio problema mi rendeva difficile parlare facilmente, e questo mi causava molto dolore“. Quando ha saputo del corso, aveva paura a partecipare proprio per questo piccolo problema, ma poi decide di iscriversi: “Ora parlo molto meglio e il mio insegnante mi incoraggia sempre. Mi dice che non devo vergognarmi e che devo credere in me stessa. Ora mi sento parte di una famiglia, con le mie amiche e le mie compagne di classe. Questo è un luogo dove posso parlare senza timore di essere giudicata e sentire che la mia voce è preziosa. Ringrazio di cuore la mia insegnante e i miei compagni di classe per aver aiutato donne e ragazze come me che hanno sofferto e per averci mostrato che possiamo superare i nostri problemi“.

A che punto è il riconoscimento “strisciante” dei Talebani da parte della comunità internazionale

L’articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 26 maggio 2025.

È passato quasi un anno dalla terza Conferenza di Doha organizzata dall’Onu nel giugno 2024 per normalizzare i rapporti della comunità internazionale con il governo de facto dell’Afghanistan e riaprire ufficialmente le relazioni economiche e politiche.

Un evento che aveva registrato un’importante novità nelle relazioni diplomatiche: la partecipazione diretta dei rappresentanti del governo talebano, invitato per la prima volta a partecipare alla pari con i 25 Paesi che ne fanno parte nonostante la mancanza del riconoscimento ufficiale della sua legittimità.

Una novità scandalosa, non solo perché questa “prima volta” aveva segnato un’accettazione di fatto del governo talebano come rappresentante del popolo afghano nonostante la sua presa del potere non sia avvenuta democraticamente, ma soprattutto perché questa presenza era accettata in cambio dell’estromissione delle donne afghane e dei loro diritti dai temi trattati nella Conferenza, per consentire al diktat dei Talebani che l’avevano posta come condizione per la loro partecipazione. Accettazione che era stata molto criticata non solo dalle donne e dai movimenti per i diritti umani di tutto il mondo ma anche da alcuni esponenti delle stesse Nazioni Unite.

La conferenza si era conclusa senza impegni precisi ma aveva sancito la disponibilità dei negoziatori a proseguire con le discussioni sui temi economici in preparazione di altri appuntamenti e incontri.

Che ne è stato di questi impegni, che seguito ha avuto la Conferenza di Doha? In questi mesi quasi nulla è apparso sui media per aggiornarci sulle trattative in corso tra Onu e governo talebano, sullo stato del processo di riconoscimento del loro governo e sull’avanzamento degli impegni presi.

Questa assenza di notizie non è da imputare all’interruzione dei rapporti o alla mancanza di sviluppi nel dialogo, ma alla scelta di cambiare strategia: si è infatti deciso di togliere visibilità al processo di avvicinamento ai Talebani gestito dall’Onu e delegare invece alla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) la conduzione dei colloqui e delle proposte di mediazione.

Sono state forse le critiche delle associazioni per i diritti umani e delle donne o la refrattarietà dei Talebani ai cambiamenti a far cambiare strada all’Onu, forse per cercare modalità più coerenti di difesa dei diritti del popolo afghano? Purtroppo no, perché il nuovo format proposto e portato avanti dall’Unama, denominato “Piano Mosaico”, o Roadmap globale per l’Afghanistan, ha ancora una volta l’obiettivo dichiarato di normalizzare il più presto possibile le relazioni con l’Afghanistan, per riportarlo nella comunità internazionale sotto il controllo di “questi” Talebani e di “questo” governo.

E per agevolare le trattative, propone un approccio non più finalizzato a condizionare i Talebani con preliminari tematiche di principio e richieste di aperture democratiche, ma invece scorpora i problemi per affrontarli uno alla volta -fin da subito quelli che interessano ai Talebani, in futuro quelli proposti dalla comunità internazionale- così che sia più facile, senza l’appesantimento di questioni scottanti e divisive, arrivare a stabilire degli accordi. Per ridurre il conflitto viene infatti proposto una strategia che separa i problemi “pratici”, come la lotta al narcotraffico, lo sviluppo del settore privato e la cooperazione economica -che piacciono ai Talebani- da quelli “complessi”, come i diritti umani e delle donne e l’antiterrorismo. Cioè si lasciano le questioni che riguardano i diritti e la democrazia in una formulazione generica e ambigua, da affrontare con “gradualità”, nel futuro indefinito “del prima o poi” -tanto le donne afghane sono resilienti-.

Con questa strategia il coinvolgimento dei Talebani nel dialogo non punta più a un evento-manifesto che dia visibilità all’intervento conciliatore dell’Onu, ma preferisce un processo in sordina, strisciante, fatto di incontri bilaterali o poco più, che non dia nell’occhio, nella speranza che sia finalmente possibile accordarsi con i Talebani e fare affari con loro senza fastidiosi interventi critici, quegli affari che per ora sono solo nelle mani delle piccole e grandi potenze regionali che sgomitano per arrivare per prime.

Nelle intenzioni l’obiettivo di questo processo dovrebbe essere “un Afghanistan in pace con sé stesso e con i suoi vicini, pienamente reintegrato nella comunità internazionale e in grado di rispettare gli obblighi internazionali”, si dice nel Piano, basato sulle raccomandazioni della valutazione indipendente di Feridun Sinirlioglu e in applicazione della Risoluzione 2721 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2023.

Le associazioni di donne e per i diritti umani hanno criticato questo nuovo piano. Sostengono che l’Unama sta di fatto facilitando la legittimazione dei Talebani anziché difendere i diritti del popolo afghano e che in questa roadmap non sarebbe stato previsto alcun ruolo per le donne, la società civile e le reali vittime del governo.

In una dichiarazione congiunta, 54 organizzazioni sociali, associazioni e gruppi di attiviste hanno denunciato l’accettazione dei Talebani come principali interlocutori e avvertito che l’iniziativa garantisce al governo concessioni concrete mentre chiede in cambio poco più che vaghe e inattuabili promesse. Inoltre, dicono che l’Unama, rendendo i diritti umani un oggetto di contrattazione, ne compromette l’universalità e l’inviolabilità, venendo meno alla missione imparziale e umanitaria delle Nazioni Unite che le è propria.

Le Nazioni Unite hanno sottolineato che il loro impegno con i Talebani non deve essere frainteso con un riconoscimento politico. L’Unama ha dichiarato che il piano è ancora in fase di revisione e di voler coinvolgere nella sua gestione tutte le parti interessate, dai Paesi che fanno parte del Processo di Doha alle altre componenti che giocano un ruolo chiave nella regione, come il G7, i governi che detengono risorse afghane, il team delle sanzioni dell’Onu e i cosiddetti gruppi “non talebani” menzionati vagamente alla fine del piano. Ma l’Unama ha rifiutato di specificare esattamente quali, al di fuori dei Talebani, siano state le parti finora coinvolte.

Intanto i Talebani, ben felici di essere al centro dell’attenzione diplomatica, puntano in alto e rispondono alle aspettative del Piano chiedendo la revoca delle sanzioni Onu, attualmente imposte a oltre 130 membri del gruppo ed entità affiliate; il recupero dei beni congelati dagli Usa; l’assunzione della rappresentanza diplomatica all’estero, cioè il seggio all’Onu, attualmente in mano ai rappresentanti del governo della precedente Repubblica. Insomma, un vero e proprio riconoscimento di legittimità.

In cambio il Piano chiede riforme globali, come la formazione di un governo inclusivo, il rispetto dei diritti umani e l’impegno nella lotta al terrorismo, ma, non prevedendo meccanismi di applicazione o inclusione, queste richieste rimangono generiche e vuote. Come osserva l’opposizione politica, “le richieste dei Talebani sono concrete e misurabili: vogliono legittimità diplomatica, accesso alle riserve estere e revoca delle sanzioni. Al contrario, le aspettative della comunità internazionale rimangono indefinite”.

Il “Piano Mosaico” dichiara di puntare, per ottenere cambiamenti nella politica talebana, sulla reciproca fiducia e la dimostrazione dei vantaggi che la cooperazione può portare alla governance e al popolo afghano. Ma come può esserci collaborazione con un governo fondamentalista che ritiene che non sia sua responsabilità provvedere ai bisogni dei cittadini perché crede che il benessere e la sopravvivenza del popolo provengano direttamente da dio? Come si può avere fiducia in un regime che si preoccupa solo di ottenere con la violenza l’obbedienza a quella che pretende sia la vera religione?

Il governo talebano non può essere un interlocutore credibile. Non vi è garanzia che il popolo afghano possa ottenere dai Talebani il rispetto dei suoi diritti umani, economici e sociali. Come hanno giustamente sostenuto le donne e le associazioni democratiche, “questo piano deve essere fermato, le nostre voci devono essere ascoltate”.

Consegnate al Governo italiano le firme della Petizione STOP FONDAMENTALISMI STOP APARTHEID DI GENERE

Consegnate al Governo italiano le firme della Petizione STOP FONDAMENTALISMI STOP APARTHEID DI GENERE

La raccolta firme per la Petizione si è chiusa il 15 maggio 2025 e le firme (1.725) sono state inviate alla Presidente del Consiglio Italiano.

Continua la raccolta firma per l’adesione alla Campagna e al sostegno delle iniziative di supporto.


Il testo della Petizione inviata al Governo Italiano

I fondamentalismi, nelle loro diverse forme e caratterizzazioni, creano sempre apartheid di genere e l’Afghanistan è il Paese che ne rappresenta il caso più emblematico, anche se non è il solo. L’autodeterminazione della donna e degli individui LGBTQI+ vede infatti drammatiche limitazioni ovunque nel mondo, anche nel mondo occidentale. La promozione del valore della laicità è l’argine più efficace ai fondamentalismi, e quindi all’apartheid di genere, come indicano le organizzazioni progressiste, democratiche e antifondamentaliste anche in Afghanistan.

Pertanto il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane),
con la rete di associazioni con la quale collabora in Italia e in Europa,

CHIEDE AL GOVERNO ITALIANO

Di sostenere i seguenti obiettivi e di farsene promotore presso le istituzioni internazionali.

1             Riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità (al pari dell’apartheid di razza) all’interno dei Trattati internazionali e che tale crimine viene applicato sistematicamente e istituzionalmente in Afghanistan.

2             Non riconoscimento, né giuridico né di fatto, del regime fondamentalista talebano attivando, fin da subito, azioni di condanna e, in particolare, che:

  • le Nazioni Unite non diano riconoscimento, né giuridico né di fatto, al regime;
  • venga messo al bando il fondamentalismo talebanocon provvedimenti urgenti;
  • si impediscano finanziamenti al regime talebano e rifornimenti militarida parte di Paesi amici;
  • si estromettano i rappresentanti del regime da incontri della diplomazia internazionalee dalle riunioni delle Nazioni Unite e si applichino puntualmente le limitazioni totali di viaggio ai suoi esponenti come già previste dalle sanzioni anti-terrorismo.

In questo ambito si chiede al governo italiano di sostenere l’azione presa da:

  • Australia, Canada, Germania e Paesi Bassi, e sostenuta da altri 22 stati, di deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia Internazionaleper violazioni della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), di cui l’Afghanistan è firmatario.
  • Cile, Costa Rica, Spagna, Francia, Lussemburgo e Messico di deferimento dell’Afghanistan per ulteriori indagini alla Corte Penale Internazionale sulle continue violazioni dei diritti delle donne compiute dai talebani.

3             Sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti; contestualmente negare la rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta.

PER AVERE TUTTE LE INFORMAZIONI SULLA CAMPAGNA, CONOSCERE I SOSTENITORI E LEGGERE GLI APPROFONDIMENTI,  CLICCA QUI

STOP FONDAMENTALISMI STOP APARTHEID DI GENERE

Governo italiano

I fondamentalismi, nelle loro diverse forme e caratterizzazioni, creano sempre apartheid di genere e l’Afghanistan è il Paese che ne rappresenta il caso più emblematico, anche se non è il solo. L’autodeterminazione della donna e degli individui LGBTQI+ vede infatti drammatiche limitazioni ovunque nel mondo, anche nel mondo occidentale. La promozione del valore della laicità è l’argine più efficace ai fondamentalismi, e quindi all’apartheid di genere, come indicano le organizzazioni progressiste, democratiche e antifondamentaliste anche in Afghanistan.

Pertanto il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) con la rete di associazioni con la quale collabora in Italia e in Europa

HA LANCIATO LA CAMPAGNA "STOP FONDAMENTALISMI - STOP APARTHEID DI GENERE"

con la quale, attraverso molteplici azioni, si intende promuovere i seguenti obiettivi:

  1. Riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità (al pari dell’apartheid di razza) all’interno dei Trattati internazionali e che tale crimine viene applicato sistematicamente e istituzionalmente in Afghanistan.

  2. Non riconoscimento, né giuridico né di fatto, del regime fondamentalista talebano attivando, fin da subito, azioni di condanna e, in particolare, che:

    le Nazioni Unite non diano riconoscimento, né giuridico né di fatto, al regime; venga messo al bando il fondamentalismo talebano con provvedimenti urgenti; si impediscano finanziamenti e rifornimenti militari da parte di Paesi amici; si estromettano i rappresentanti del regime da incontri della diplomazia internazionale e dalle riunioni delle Nazioni Unite e si applichino puntualmente le limitazioni totali di viaggio ai suoi esponenti come già previste dalle sanzioni anti-terrorismo.

In questo ambito la Campagna farà pressione al governo italiano affinché sostenga l’azione presa da Australia, Canada, Germania e Paesi Bassi, e sostenuta da altri 22 stati, di deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia Internazionale per violazioni della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), di cui l’Afghanistan è firmatario.

  1. Sostegno alle forze afghane antifondamentaliste e democratiche non compromesse con i precedenti governi e i partiti fondamentalisti; contestualmente negare la rappresentanza politica alle esponenti politiche e agli esponenti politici dei precedenti governi afghani, rappresentanti di una classe politica corrotta.

%%la tua firma%%

1.350 firme

Condividi con i tuoi amici:

Continua a leggere

Belquis Roshan’s speech at the press conference at the Chamber of Deputies

I greet the friends of CISDA, my companions in Italy, and the honorable members of the Italian Parliament, who have allowed today’s meeting to take place.

I represent the women of Afghanistan and I appreciate your commitment and sense of responsibility for wanting to make the cry of those who are subjected to the laws of the most medieval, misogynistic and evil government in history heard. I am immensely grateful to you for inviting me to today’s event. For almost four years, Afghan women have been under the sinister shadow of the Taliban; their freedom is repressed with the most barbaric practices.

Western governments, especially that of the United States, have betrayed the people and women of Afghanistan by allowing the Taliban to regain power four years ago. The Taliban are secretly receiving ever more financial and diplomatic support, and this guarantees the continuation of their degenerate regime. The strategic and economic interests of Western governments in Afghanistan clearly prevail over the fate of the people, especially women. Most of these governments, and even the United Nations, say they are concerned about the rights of women in Afghanistan, but they have no sympathy for our people and have made shameful deals with the Taliban terrorists.

In this situation, any voice raised by the free and progressive forces of the countries of the world, especially the West, in support of Afghan women is commendable and valuable. You have done your basic and human duty, thus becoming good friends of Afghan women.

What is happening to Afghan women is not only under the category of “gender apartheid”. Brutal crimes and barbarities are committed against women, women are not considered human beings, they are deprived of all rights and cannot carry out any social activities. Not only work and education are prohibited. Most girls are deprived of school and have to submit to male laws, and in many cases, girls are forced to live a terrible life.

The Taliban, like all fundamentalist and aggressive groups, want to erase women, half of the population, confining them to the home, so that it is easier for the other half of the population, the men, to repress them and reduce them to slavery. But most Afghan women have so far opposed the Taliban in various ways, women have not given up.

You have done a lot to recognize the gender apartheid against Afghan women and have created a valuable document. These efforts, although not having a direct and lasting impact on the situation of Afghan women, are an example of solidarity of the Western people, and show that, unlike their governments, there are people who have sincere sympathy and show solidarity towards Afghan women. In these four years, Afghan women have tried to make their voices heard in most of the countries where friends like you are present, we hope that in this fight you will be the first, we hope that your government will recognize gender apartheid.

We know that even if gender apartheid is recognized, this will not prevent Western governments from cooperating with the Taliban. In practice, we see that the warmongering rulers of the West have not respected the laws and universal treaties that they have signed, and have trampled on them whenever they needed to protect their interests. In many cases, we have seen that they have not respected and have torn up UN resolutions. Right now, to the dismay and anger of all those who see what is happening, the fascist Netanyahu, the butcher of a suffering people, despite an arrest warrant being issued against him by the International Criminal Court, has traveled peacefully to Europe, and no European government dares to raise its voice against this war criminal.

These are the games played by Western rulers with human rights. And there are many examples of these practices in the world. Serajaldin Haqqani, the leader of suicide bombers and murderer of the Afghan people, whom the United States had blacklisted, putting a bounty of millions of dollars for his capture, has been traveling freely in Arab countries for the past three years to make shameful deals with Western countries and the United States. He knew that his crimes would later be forgiven by his American ally.

But if your work bears fruit and the gender apartheid of the Taliban is recognized as such, it will be a valuable achievement for the global alliance in defense of Afghan women and will encourage Afghan women to continue their fight for rights against Taliban fundamentalism and terrorism. The success of this work would demonstrate that there is a deep distance between oppressive governments and the freedom-loving Western people.

I have to warn the true friends of the oppressed women of Afghanistan: the United States, the West and its institutions have tried in the last four years to introduce a number of women who pass themselves off as representatives of Afghan women and instead promote the interests of the imperialist states. Among them Fawzia Kofi, Habiba Sarabi, Sima Samar, Mahboubeh Seraj, Fatemeh Gilani, Shakriyeh Barakzai Shahrzad Akbar and others, who are manipulated by Western intelligence and try to divert the struggle of Afghan women from the path to freedom. During the Doha talks, where power was returned to the Taliban, these women were among the lobbyists who favored the return to power of these bloodthirsty criminals.

I have been with some of these women for many years in Afghanistan because I was a member of parliament, I know that these are the enemies of oppressed women and have made women’s rights a tool to achieve their own ambitious goals. But because they have become competent and capable, America and the West have benefited from them for over twenty years. I am sure that at major world conferences, at the United Nations and the European Parliament, and wherever they have interests, they will be awarded international prizes. None of them represent Afghan women; they only represent imperialism and Western governments, so they have no place in the struggle for women’s liberation. Some of the women I mentioned also speak of gender apartheid, but we must be aware that there is a difference between you and them. You, with the formalization of gender apartheid, should also denounce and take a clear stand against imperialism’s support for the fundamentalist Taliban and jihadists so that your campaign is distinct from theirs and shows your real will to defend Afghan women. You should be very determined.

Here I want to emphasize another important point, even if it goes beyond the Afghan disaster. When it comes to protecting their interests, the imperialist states of the world do not hesitate to ally themselves with fascists and fundamentalists who massacre people; I am talking about the horrible genocide of the Zionist regime of Israel in Gaza, I am talking about having brought al-Qaeda and ISIS to power in Syria, now led by Jolani, I am talking about the wars in Yemen, Iraq, Ukraine conducted thanks to the weapons and financial support of the world powers. It is an incredibly important historical and political necessity that decolonial movements declare that imperialism, fundamentalism and terrorism are two sides of the same coin and dangerous enemies of humanity; until there is a global and popular alliance against these grave dangers, the future of humanity and the planet will be at risk.

I invite you to create this alliance. Finally, I ask you, as representatives of the Italian people in parliament, to unite the Italian people and Afghan women in the fight against gender apartheid in Afghanistan. Do not forget the fight against the fundamentalists and do not let the Taliban government in Afghanistan be recognized by your governments.

Once again, I shake the hand of your honorable and humane support and I bow to each of you for your work and your solidarity with the oppressed women of Afghanistan. Long live the unity of the peoples of the world.

Belquis Roshan, former parliamentarian of Afghanistan is now a refugee in Europe

L’intervento di Belquis Roshan alla conferenza stampa presso la Camera dei deputati

Saluto le amiche del CISDA, le mie compagne in Italia, e gli onorevoli membri Parlamento italiano, che hanno consentito lo svolgersi dell’incontro odierno.

Rappresento le donne dell’Afghanistan e apprezzo il vostro impegno e senso di responsabilità per aver voluto far sentire il grido di chi sottostà alle leggi del governo più medievale, misogino e malvagio della storia. Vi sono immensamente grata per avermi invitata all’evento di oggi. Le donne afgane, da quasi quattro anni, sono sotto l’ombra sinistra dei talebani; la loro libertà è repressa con le pratiche più barbare.

I governi occidentali, in particolare quello degli Stati Uniti, hanno tradito il popolo e le donne dell’Afghanistan consentendo ai talebani, quattro anni fa, di riprendere il potere. I talebani ricevono segretamente sempre più sostegno finanziario e diplomatico, e questo garantisce la continuazione del loro regime degenerato. Gli interessi strategici ed economici dei governi occidentali in Afghanistan hanno la netta prevalenza rispetto al destino del popolo, specialmente delle donne. La maggior parte di questi governi, e anche le Nazioni Unite, si dicono preoccupati per i diritti delle donne in Afghanistan, ma non hanno simpatia per il nostro popolo e hanno fatto accordi vergognosi con i terroristi talebani.

In questa situazione, qualsiasi voce si alzi da parte delle forze libere e progressiste dei paesi del mondo, specialmente dell’Occidente, a sostegno delle donne afghane è lodevole e preziosa. Avete fatto il vostro dovere umano e di base, diventando così buoni amici delle donne afghane.

Ciò che accade alle donne afghane non è soltanto sotto la categoria “gender apartheid”. Contro le donne vengono commessi crimini brutali e barbarie, le donne non sono considerate esseri umani, sono private di tutti i diritti e non possono svolgere alcuna attività sociale. Non solo il lavoro e l’istruzione sono vietati. La maggior parte delle ragazze viene privata della scuola e deve sottostare alle leggi maschili, e in molti casi, le ragazze sono costrette a una vita terribile.

I talebani, come tutti i gruppi fondamentalisti e aggressivi, vogliono cancellare le donne, la metà della popolazione, confinandola in casa, in modo che per l’altra metà della popolazione, gli uomini, sia più facile reprimerle e ridurle in schiavitù. Ma la maggior parte delle donne afghane si è finora opposta ai talebani in vari modi, le donne non si sono arrese.

Avete fatto molto per riconoscere l’apartheid di genere contro le donne afghane e avete creato un documento prezioso. Questi sforzi, pur non avendo un impatto diretto e duraturo sulla situazione delle donne afghane sono un esempio di solidarietà del popolo occidentale, e dimostrano che, a differenza dei loro governi, ci sono persone che nutrono una sincera simpatia e mostrano solidarietà nei confronti delle donne afghane. In questi quattro anni, le donne afgane hanno cercato di fare sentire la loro voce nella maggior parte dei paesi in cui sono presenti amici come voi, speriamo che in questa lotta sarete i primi, speriamo che il vostro governo riconosca l’apartheid di genere.

Sappiamo che anche se l’apartheid di genere verrà riconosciuto questo non impedirà ai governi occidentali di cooperare con i talebani. Nella pratica vediamo che i governanti guerrafondai dell’Occidente non hanno minimamente rispettato le leggi e i trattati universali che hanno firmato, e li hanno calpestati ogni volta che avevano necessità di tutelare i loro interessi. In molti casi abbiamo visto che non hanno rispettato e hanno fatto carta straccia delle risoluzioni dell’ONU. Proprio adesso, con lo sgomento e la rabbia di tutti coloro che vedono ciò che accade, il fascista Netanyahu, il macellaio di un popolo sofferente, nonostante sia stato emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti da parte della Corte penale internazionale, ha viaggiato tranquillamente in Europa, e nessun governo europeo osa alzare la voce contro questo criminale di guerra.

Questi sono i giochi dei governanti occidentali con i diritti umani. E nel mondo sono molti gli esempi di queste pratiche. Serajaldin Haqqani, il leader degli attentatori suicidi e assassino del popolo afghano, che gli Stati Uniti avevano messo nella lista nera, mettendo una taglia di milioni di dollari per la sua cattura, negli scorsi tre anni ha viaggiato liberamente nei paesi arabi per fare accordi vergognosi con i paesi occidentali e con gli Stati Uniti. Sapeva che in seguito i suoi crimini sarebbero stati perdonati dal suo alleato americano.

Ma se il vostro lavoro darà buoni frutti e l’apartheid di genere dei talebani verrà riconosciuto come tale, sarà un risultato prezioso per l’alleanza globale in difesa delle donne afghane e incoraggerà le donne afgane a proseguire la loro lotta per i diritti contro il fondamentalismo e il terrorismo talebano. Il successo di questo lavoro dimostrerebbe che c’è una distanza profonda tra i governi oppressivi e il popolo occidentale che ama la libertà.

Devo però mettere in guardia i veri amici delle donne oppresse dell’Afghanistan: gli Stati Uniti, l’Occidente e le sue istituzioni hanno cercato negli ultimi quattro anni di introdurre un certo numero donne che si fanno passare come rappresentanti delle donne afghane e promuovono invece gli interessi degli stati imperialisti. Tra queste Fawzia Kofi, Habiba Sarabi, Sima Samar, Mahboubeh Seraj, Fatemeh Gilani, Shakriyeh Barakzai Shahrzad Akbar e altre, che sono manovrate dall’intelligence occidentale e cercano di deviare la lotta delle donne afghane dal cammino per la libertà. Durante i colloqui di Doha, in cui il potere è stato restituito ai talebani, queste donne erano tra i lobbisti che hanno favorito il ritorno al potere di questi criminali sanguinari.

Sono stata con alcune di queste donne per molti anni in Afghanistan perché facevo parte del parlamento, so che queste sono le nemiche delle donne oppresse e hanno fatto dei diritti delle donne uno strumento per raggiungere le proprie mire ambiziose. Ma poiché sono diventate competenti e capaci, l’America e l’Occidente ne hanno beneficiato per oltre vent’anni. Sono certa che in occasione di importanti conferenze mondiali, presso le Nazioni Unite e il Parlamento europeo, e ovunque esse abbiano degli interessi, verranno assegnati loro premi internazionali. Nessuna di loro rappresenta le donne afghane; rappresentano solo l’imperialismo e i governi occidentali, quindi non hanno posto nella lotta per la liberazione delle donne. Anche alcune delle donne che ho citato parlano di apartheid di genere, ma bisogna essere consapevoli che c’è una differenza tra voi e loro. Voi, con la formalizzazione dell’apartheid di genere, dovreste anche denunciare e prendere una posizione chiara contro il sostegno ai fondamentalisti talebani e dei jihadisti da parte dell’imperialismo in modo che la vostra campagna sia distinta dalla loro e mostri la vostra reale volontà di difendere le donne afghane. Dovreste essere molto decise.

Qui voglio sottolineare un altro punto importante, anche se va al di là del disastro afghano. Quando si tratta di tutelare i propri interessi gli stati imperialisti del mondo non esitano ad allearsi con fascisti e fondamentalisti massacratori di popoli; parlo ad esempio dell’orribile genocidio del regime sionista di Israele a Gaza, parlo dell’aver portato al-Qaeda e ISIS al potere in Siria, oggi guidata da Jolani, parlo delle guerre in Yemen, Iraq, Ucraina condotte grazie alle armi e al sostegno finanziario delle potenze mondiali. È una necessità storica e politica incredibilmente importante che i movimenti decoloniali dichiarino che l’imperialismo, il fondamentalismo e il terrorismo sono facce della stessa medaglia e pericolosi nemici dell’umanità; fino a quando non ci sarà un’alleanza globale e popolare contro questi gravi pericoli il futuro dell’umanità e del pianeta sarà a rischio.

Vi invito a creare questa alleanza. Infine vi chiedo, in quanto rappresentanti del popolo italiano nel parlamento, di unire il popolo italiano e le donne afghane nella lotta contro l’apartheid di genere in Afghanistan. Non dimenticate la lotta contro i fondamentalisti e non lasciate che il governo dei talebani in Afghanistan sia riconosciuto dai vostri governi.

Ancora una volta, stringo la mano del vostro onorevole e umano sostegno e mi inchino a ciascuno di voi per il vostro lavoro e la vostra solidarietà con le donne oppresse dell’Afghanistan. Viva l’unità dei popoli del mondo.

Belquis Roshan, ex parlamentare dell’Afghanistan è ora rifugiata in Europa

Incontro pubblico CISDA – Roma 8 aprile 2025

Incontro organizzato da CISDA presso il Polo Civico Esquilino di Roma. A esporre le loro esperienze e le tematiche di riflessione relative al fondamentalismo religioso e politico e alle ripercussioni sulla vita e i corpi delle donne, accanto a Belquis Roshan c’erano alcune rappresentanti dell’associazionismo: l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, Celeste Grossi dell’ARCI, Mirella Mannocchio della Federazione italiana delle donne evangeliche, Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.