Dove sono le donne afghane?
25 Novembre 2024
Staffetta femminista italia-afghanistan raccoglie il testimone lanciato da lorena fornasir per un movimento condotto da donne che contribuisca ad aprire i confini europei e rivolge alle persone e alle organizzazioni che hanno partecipato alla rete un ponte di corpi un appello a partecipare.
Collettivo promotore di STAFFETTA FEMMINISTA ITALIA-AFGHANISTAN, un gruppo di attiviste, operatrici e volontarie che operano nella lotta alla violenza di genere; in aiuto alle migranti e ai migranti; nel campo dei diritti umani e del supporto allo sviluppo, anche in paesi in guerra; nel movimento femminista. Desideriamo operare in stretta connessione con le reti nazionali ed europee che richiedono un cambio delle politiche migratorie europee e abbiamo lavorato alla preparazione della piazza di Monza del 6 marzo per UN PONTE DI CORPI: esperienza molto generativa per la nostra idea.
Desideriamo riprendere alcune riflessioni che derivano dagli spunti offerti da Lorena e Gian Andrea, e dallo scambio fra tutte le persone che hanno partecipato alle riunioni preparatorie dell’iniziativa del 06/03/21. Le abbiamo condivise e rielaborate nel nostro collettivo di attiviste e le rilanciamo per farne ulteriormente memoria comune nella rete di UN PONTE DI CORPI:
Il 6 marzo ha messo al centro della discussione, e deve continuare a mettere al centro, tutti questi corpi che normalmente vengono visti e percepiti così differenti (bianco, invece di nero; benestante, ben vestito e/o dotato di un documento di soggiorno, invece di povero, clandestino, straccione e affamato; giovane, produttivo e degno di ricevere un vaccino, invece che vecchio, ormai inutile e destinato a morire), e che invece noi abbiamo imparato a sentire così simili, uniti in un unico destino e desiderio di vivere in pace e giustizia.
Sotto i nostri occhi, l’Europa da terra dei diritti per tutti si trasforma gradualmente in terra della loro negazione: non solo per gli estranei, ma anche per i suoi cittadini non conformi agli obiettivi del capitalismo vorace. Diventa meno democratica e abitabile per gli stessi cittadini europei mentre costruisce muri, militarizza frontiere, ripristina quelle interne, cela alla stampa pratiche illegali e violente, autorizza le sue forze dell’ordine a mettere in atto prassi discriminatorie, autorizza le multinazionali del farmaco a imporre dictat inaccettabili perché il bene comune che dovrebbe essere il cemento ideale dell’Unione, è smarrito. Come donne, come attiviste, ci sentiamo di riportare all’attenzione delle persone e delle istituzioni italiane ed europee, proprio l’istanza del bene comune, rimettendo al centro dell’attenzione pubblica i corpi, le persone, la vita.
C’è però una storia che il nostro PONTE DI CORPI non ha ancora potuto raccontare perché ha solo iniziato un cammino che sarebbe bello e importante portare avanti. Ve la proponiamo come STAFFETTA FEMMINISTA.
I corpi che attraversano le frontiere di mare e di terra, non sono solo quelli maschili. Le donne nelle migrazioni portano con sé una doppia violenza. Chi è impegnato nell’aiuto umanitario lungo le rotte, e chi opera nei centri antiviolenza europei si confronta con una violenza di genere resa ancora più feroce dalle condizioni in cui donne e persone vulnerabili sono costrette a viaggiare. Inoltre, le donne che si mettono in viaggio, sono migranti in fuga da guerre e condizioni di violenza come gli uomini, o persone che partono perché intrappolate in condizioni di tratta e schiavitù (condizione che spesso permane nel transito e a destinazione).
Mentre sviluppano nuove strategie di aiuto, attiviste, volontarie e operatrici sono sempre più consapevoli della dimensione transnazionale del patriarcato all’origine delle guerre e della violenza di genere: occorre combatterlo, allo stesso tempo qui, lungo il percorso, e nei paesi d’origine delle donne costrette a migrare.
L’idea del collettivo di attiviste nasce dall’invito di Lorena a costruire un movimento di donne per aprire tutti i confini, per un’Europa inclusiva e giusta, che non neghi il diritto al desiderio di vivere una vita degna laddove ogni persona desideri andare. L’idea del collettivo di STAFFETTA FEMMINISTA, raccoglie il testimone di Lorena e di tutti i partecipanti al PONTE DI CORPI e lo traduce in un percorso che partendo dall’Italia arrivi in Afghanistan, lungo la rotta balcanica, mettendo a fuoco un nuovo tema: l’Europa che nega il diritto al desiderio di vivere è un’Europa dove sessismo e patriarcato non sono mai stati sconfitti definitivamente. La STAFFETTA è quindi STAFFETTA FEMMINISTA perché nasce dall’urgenza di contribuire a rispondere alle sfide contemporanee poste all’autodeterminazione delle donne sia in Europa, che altrove.
L’attacco all’autodeterminazione femminile è spesso aggravato da connessioni internazionali che valicano senza problemi confini inutilmente chiusi alla libera circolazione di persone. Ne abbiamo una prova con la decisione della Turchia di recedere dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere che legava 46 paesi grazie all’azione del Consiglio d’Europa: la decisione di recesso imposta dal Presidente Erdogan è un attacco con conseguenze ben più ampie di quelle, già gravi, che può avere in Turchia, poiché indebolisce in tutta Europa uno strumento giuridico fondamentale per la lotta contro la violenza di genere e l’omotransfobia. Questa determinazione del governo turco, motivata dall’intento si difendere l’istituzione della famiglia e bloccare una norma, che a suo dire, incoraggerebbe l’omosessualità, ha già un’eco in altri paesi a orientamento conservatore, e costituisce una nuova minaccia alla democrazia e ai diritti umani anche in Europa, legando fra loro fondamentalismi di ogni genere. Inoltre, rappresenta un’ulteriore pedina dello scacco con cui Erdogan riesce a tenere con le spalle al muro l’Unione, dopo l’accordo del 2016 che ha versato nelle casse della Turchia 6 miliardi di euro perché venisse fermato il flusso di profughi che provavano ad attraversare l’Egeo, esponendoci ad ulteriori ricatti, come accaduto nella primavera 2020, quando Erdogan ha annunciato l’apertura della frontiera con la Grecia, preteso più fondi, visti per i cittadini turchi che vogliono venire in Europa e l’estensione dell’accordo del 2016 che è stato poi prolungato di un anno.
La storia che il PONTE DI CORPI può ancora raccontare, si arricchisce di un capitolo che narra che le donne che sono rimaste all’altro capo del ponte non sono solo madri in trepidante attesa di notizie dal figlio partito per il big game, ma sono anche donne leader che, cresciute in mezzo alla guerra e al fondamentalismo, comandano eserciti (come in Kurdistan), organizzano la fuoriuscita delle altre donne dalla schiavitù, guidano forze politiche laiche e progressiste, andando villaggio per villaggio a sfidare i talebani (come in Afghanistan). Queste donne praticano la democrazia più avanzata che possiamo immaginare nei contesti meno favorevoli possibili. Testimoniano con noi che un altro mondo è possibile, e che la rivoluzione è necessaria ovunque. Queste donne sono nostre alleate contro ogni progetto di riduzione dell’autodeterminazione femminile e contro ogni fondamentalismo, e hanno bisogno del nostro supporto, perché stanno là dove bisogna stare.
STAFFETTA FEMMINISTA corre lungo la rotta balcanica per portare il proprio supporto alle organizzazioni laiche e progressiste delle donne afghane, suddividendo i 7000 km di percorso in 7 TAPPE, ognuna in carico ad un gruppo di 12 persone, per portare il loro aiuto a bambine, ragazze e adulte impegnate nel proprio percorso di riscatto dalla violenza sostenuto dalle organizzazioni femministe afghane, rinforzando un’alleanza che può contribuire a cambiare il corso degli eventi perché sostiene il carattere politico dell’azione delle nostre alleate afghane nelle loro organizzazioni di base, nei loro centri antiviolenza, nelle scuole per gli orfani di guerra e nelle classi clandestine nei villaggi, nelle aree ad alta concentrazione di sfollati interni e nei campi profughi.
STAFFETTA FEMMINISTA, appena le condizioni lo permetteranno, si realizzerà anche sul terreno, arrivando fino a Kabul per partecipare alle celebrazioni dell’8 marzo che ogni anno vengono organizzate dalle associazioni locali di attiviste.
Il progetto di STAFFETTA FEMMINISTA è possibile grazie all’esperienza di oltre vent’anni di lavoro del CISDA in Afghanistan. Il collettivo di STAFFETTA FEMMINISTA, che vede al suo interno anche l’apporto delle attiviste CISDA, si aggrega allo sforzo di UN PONTE DI CORPI, e invita una delegazione della rete a prendere parte all’iniziativa, magari costituendo un gruppo TAPPA del percorso da Monza a Kabul e partecipando, quando sarà possibile, alla delegazione che arriverà fino in Afghanistan e/o pensando a possibili iniziative comuni, da realizzare fin d’ora nella fase virtuale virtuale e nelle iniziative in presenza nelle scuole e nelle città coinvolte.
STAFFETTA FEMMINISTA nasce da un gruppo di donne, ma è aperta alla partecipazione di tutti.
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