Dove sono le donne afghane?
25 Novembre 2024
Le donne vittime di stupri di gruppo da parte di questi figuri non sono “disgrazie di famiglia”, come vengono definite dalla disgustosa cultura patriarcale, ma donne resilienti e coraggiose.
Il 3 luglio 2024, il giornale britannico “The Guardian” ha riportato uno scioccante caso di violenza sessuale dei talebani nei confronti di una detenuta. I talebani hanno girato un filmato dello stupro di gruppo di una prigioniera e in seguito l’hanno mandato a lei, minacciandola di diffonderlo se non fosse rimasta in silenzio. Questa donna coraggiosa ha inviato la clip a diversi media, tra cui “Rukhshana”.
Il 25 giugno 2024, “The Guardian” ha anche diffuso casi di stupro e molestie sessuali nei confronti di ragazze che sono state aggredite e arrestate da brutali membri della polizia morale per il “crimine” di non obbedire alla regola dell’“hijab islamico” [N.d.R. un velo nero che copre l’intera figura, compreso il volto].
La violenza, le molestie e le aggressioni sessuali contro le donne sono strumenti utilizzati dai gruppi religiosi fascisti, che non solo rivelano la loro depravazione e brutalità, ma servono anche come mezzi per terrorizzare e di repressione delle proteste e della resistenza.
Questo non è il primo esempio di depravazione dei talebani e di altri gruppi fondamentalisti; ci sono numerosi esempi in Afghanistan e in tutto il mondo in cui i fascisti religiosi hanno violentato e torturato le donne. Durante gli anni sanguinosi e violenti del dominio jihadista [N.d.R. 1992-1996], molte donne a Kabul sono state aggredite sessualmente, e questi criminali non hanno esitato a stuprare bambini di 7 anni o madri di 70 anni.
Il Partito dell’Unità trasformò il Cinema Barikot e il Politecnico in centri in cui le donne venivano stuprate; a Kabul le gang di Ahmad Shah Massoud e Sayyaf stuprarono le donne nella zona di Afshar; Gulbuddin Hekmatyar a Karte Naw e Chilsatoon, e Dostum a Shah Shahid e Shar-e-Kuhna. Ogni giorno trapelano dai media orrendi casi di violenza sessuale su giovani ragazze e ragazzi nelle moschee e nelle scuole in Afghanistan, in Pakistan e in altri paesi islamici.
I criminali del regime teocratico dell’Iran violentano le ragazze la notte prima della loro esecuzione per essere certi che, in quanto non più vergini, non andranno in paradiso; i militanti sanguinari dell’ISIS hanno schiavizzato tantissime donne Yazide in Iraq; in Egitto, i Fratelli musulmani hanno violentato le donne durante le proteste contro Mohamed Morsi; nel 1971 l’esercito pakistano, con l’aiuto del Jamaat islamico del Bangladesh, ha stuprato centinaia di donne; I militanti di Boko Haram in Nigeria hanno ripetutamente rapito gruppi di studentesse e le hanno aggrediti sessualmente per mesi; gli esempi sono innumerevoli.
Non ci si dovrebbe aspettare di più dagli ignoranti talebani che per anni hanno subito abusi e maltrattamenti nelle scuole religiose (Madrassa), cosa che ha sviluppato in loro gravi sentimenti di odio. Sono persone che non esitano a indossare cinture da kamikaze e versare il sangue di persone innocenti per realizzare il sogno di possedere 72 “vergini del paradiso”. I talebani considerano le donne come strumenti per soddisfare i loro desideri, le bollano come infedeli e atee, le considerano un loro bottino di guerra e giustificano ogni tipo di brutalità nei loro confronti. In una parte del filmato un aggressore talebano grida: “Per anni, gli americani ti hanno fottuta, ora è il nostro turno”.
La vergogna di questa orribile situazione ricade sulle Nazioni Unite, in particolare sullo statunitense Roza Otunbayeva (capo dell’UNAMA), su Rosemary DiCarlo (vice segretaria generale delle Nazioni Unite), su Rina Amiri e sulla cosiddetta “comunità internazionale” che a Doha si sono inginocchiati davanti ai sanguinari talebani, sfidando tutte le convenzioni, la Carta delle Nazioni Unite e le leggi sui diritti umani, e sacrificando le donne e il popolo oppresso dell’Afghanistan, e cercato di purificare e rafforzare l’inquisitoria, fascista, e aggressiva amministrazione dell’“Emirato Islamico”.
La vergogna di tale violenza contro le nostre donne ricade sui leader dei talebani, dal Mullah Hibatullah al Mullah Zabihullah Mujahid, al Mullah Baradar, alla famiglia Haqqani e altri che cercano di coprire e negare questi crimini e barbarie.
La vergogna ricade su traditrici come Fawzia Koofi, Habiba Sarabi, Nahid Farid, Shahrzad Akbar, Moqadasa Yourish, Asila Wardak, Zarifa Ghafari, Fatima Gailani, Jamila Afghani, Mary Akrami, Ghatool Momand, Sharifa Zarbati, Laila Jafari e altre, che hanno trattato con i talebani per anni, spianando la strada per il loro ritorno al potere.
La vergogna ricade anche su donne come Mahbouba Seraj, Madina Mahboobi, Zahra Saba, Zahra Bahman, Farida Mazhab, Tayeba Hashemi e altre, che si sono trasformate in lobbiste talebane vili e prive di coscienza e che, accogliendo le richieste dell’Occidente, stanno cercando di mascherare i crimini e facilitare il riconoscimento di questi esseri medievali e mercenari dell’imperialismo.
La Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA) porta rispetto per la donna dignitosa e coraggiosa che ha fatto circolare ai media il video dello stupro di gruppo dei talebani.
Le donne vittime di stupri di gruppo da parte di questi figuri non sono “disgrazie di famiglia”, come vengono definite dalla disgustosa cultura patriarcale, ma donne resilienti e coraggiose che dovrebbero essere sostenute dal nostro popolo e da chi cerca giustizia. In una società dove impera l’ignoranza le vittime di violenza sessuale fanno una vita tormentata e dolorosa, sono sottoposte a scherno, e coloro che hanno un minimo di coscienza e onore dovrebbero considerare che le vittime di stupro, soprattutto coloro che si oppongono a questi tabù e smascherano il nemico, sono eroine e guerriere che dovrebbero poter continuare la lotta contro i talebani a testa alta e con impegno nella lotta.
Sorelle afgane sofferenti, una sfida cruciale e forte contro i fondamentalisti jihadisti e talebani e la creazione di una società basata sulla democrazia e sulla giustizia sociale non è possibile senza una dura lotta, e la vittoria in questa battaglia richiede sacrificio e fermezza!
Restiamo unite e con una sola voce!
Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan (RAWA)
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